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mercoledì 28 ottobre 2009

CONTROmafie


La seconda edizione di ControMafie quest’anno a Roma si è caratterizzata soprattutto per il suo aspetto internazionale, grazie alla presenza di testimonianze importanti come Maria Del Pilar Silva Garay, avvocato difensore dei diritti umani della Colombia; Xavier Plassat, frate domenicano dal Brasile della Commissione Pastorale della Terra; Alyona Obezdchikova, presidente di Youth Human Rights Movement a Voronez (Mosca); e altri rappresentanti del Messico, Serbia, Austria, Ecuador, Romania, Argentina, Francia, Inghilterra, Bulgaria e Germania.
Le mafie si stanno estendendo con una velocità incredibile in ogni continente. E’ stato necessario e importante guardare al fenomeno attraverso questa lente. Le mafie stanno attaccando un patrimonio mondiale: i diritti umani. La mentalità mafiosa, diversa da organizzazione mafiosa, sta assecondando comportamenti illegali in ogni aspetto della vita quotidiana. Rita Atria, collaboratrice di giustizia, morta suicida il 26 luglio 1992 a 17 anni, diceva: “Io che ho respirato la mafia, penso che non possiamo sconfiggerla finché non sconfiggeremo la mafia che è dentro di noi”. Tutto ciò che è mafioso e illegale, non garantisce i diritti umani. Secondo quest’ottica le mafie e i comportamenti mafiosi si potranno sconfiggere solo attraverso la promozione dei diritti umani. Questo metodo potrebbe diventare il comune denominatore nella lotta alle mafie di ciascun paese. In Colombia, le mafie si sono organizzate in modo da avere il controllo non solo economico del paese, ma anche quello statale. Le azioni illegale sono coperte tramite il ramo legislativo ed esecutivo e, per mantenere l‘ordine, ogni forma di attivismo viene soffocata. Attualmente, i difensori dei diritti umani sono considerati dallo Stato terroristi e sovversivi. E’ stato cerato ad hoc per loro un servizio di Intelligentia strategica per neutralizzare i gruppi con atteggiamento definito offensivo nei confronti dello Stato. Sono servizi segreti che portano avanti quest’obiettivo spiando tramite l’intercettazione e il pedinamento, non solo i singoli attivisti per i diritti umani, ma anche magistrati e giornalisti. Il sistema politico colombiano permette queste violazioni e, soprattutto, ne trae vantaggio. Anche in Russia è difficile capire la differenza tra l’azione del governo e quella della criminalità organizzata. Non si riesce a fare una distinzione accurata. Il diritto più violato in Russia è la difesa personale. Le persone stanno iniziando a manifestare per affermare i propri diritti, ma la polizia attacca e picchia i manifestanti. L’azione delle forze dell’ordine è gestita e organizzata tramite gruppi criminali. Le aggressioni sono anche contro i blogger, i giornalisti e tutti coloro che denunciavano questi crimini. Attualmente il governo russo sta cercando di chiudere anche skype, l’unico canale indipendente per la libertà di espressione. La motivazione è “pubblica sicurezza”. Questi sono solo degli esempi per capire ciò che sta accadendo nel mondo attualmente a causa delle attività illecite delle organizzazioni criminali. Le mafie sono cambiate, si sono evolute. Sono diventate trasversali e transnazionali. Hanno molti soldi e stanno investendo in ogni parte del mondo dove hanno le possibilità di arricchirsi. Le mafie italiane stanno mettendo in atto nuovi accordi con le altre mafie, come quella russa, albanese e nigeriana.
L’esperienza di ControMafie ha dimostrato che, se tutto il buono che c’è a questo mondo, si unisce nella lotta contro le organizzazioni criminali, è ancora possibile lavorare per l’affermazione dei diritti umani. L’istruzione e l’informazione possono aprire le porte. La rete tra persone, associazioni e tutta la società civile può cambiare davvero l’andamento delle cose.

lunedì 19 ottobre 2009

Zwahreh: il volto di una madre


Quello di Zwahreh è un villaggio di circa 2000 abitanti. Se potesse avere un volto secondo me avrebbe quello di una madre palestinese e di una vigorosa donna che ha raccontato della sua vita e di suo figlio in particolare. Suo figlio ha studiato all'universita' di Betlemme presso la facolta' di fisica, divenendo uno degli studenti piu meritevoli. Vince una borsa di studio in Italia, a Trieste e va a lavorare a Boon in Germania. Qui muore, ucciso da un gruppo di israeliani. Il suo volto non comunica semplicemente la disperazione di una madre che ha perso un figlio senza una reale motivazione, ma comunica soprattutto la forza del desiderio di pace tra i due popoli. Racconta delle sue amicizie con israeliani e ne e' fiera.
"Il nostro problema non e' la gente israeliana, ma il governo israeliano", ha affermato con forza. Sembrava quasi di sentirle vive le sue parole, nel senso che assumevano una forma di vita. Con la stessa forza e fierezza ci accompagna nella scuola dove lei e altre donne preparano il pranzo per tutti i bambini delle scuole del villaggio. Sono cibi naturali, genuini, che provengono dalla loro terra ancora fertile. Ci ha fatto assaggiare un dissetante succo di limone e menta preparato da loro, insieme a del pane con timo ed erbe selvatiche, mele appena raccolte e un piccolo dolce all'arancia. Tutto veramente squisito. E' stato un ottimo momento di condivisione non solo di un'idea ma anche di un'azione concreta.

mercoledì 14 ottobre 2009

No place like home

Proprio questa mattina mi sono soffermata sulla scritta che il nostro amico autista palestinese di Betlemme ha appesa al finestrino dell'autobus: "No place like home". Nessun luogo e' bello come quello della propria casa. E' stata proprio questa frase che mi e' tornata in mente quando siamo entrati in un insediamento di Gerusalemme Est, in cui stavano demolendo alcune case che prima appartenevano a palestinesi per costruirne di nuove per gli israeliani.
Siamo in una breve strada senza asfalto. Di fronte a noi c'e' una casa tipo villetta in costruzione. Due operai israe;iani che sono sul tetto ci fanno delle foto con I cellulari. Per costruire questa casa e' stata mandata via una famiglia: la famiglia di Nasser. Nel momento in cui sono stati cacciati, hanno iniziato a vivere li' davanti in una tenda. In quell'istante avrebbero ottenuto la status di rifugiati e forse sarebbero stati mandate in un campo profughi. Ma Nasser e la sua famiglia ha deciso di rinunciare a questo staus per continuare a vivere li', perche' quella e' la loro casa e la loro terra. Conservano ancora le chiavi e non hanno intenzione di andarsene. I giornalisti di Rai news 24 che erano con noi hanno provato a fare delle domande ai coloni israeliani riguardo alla casa di Nasser. La loro risposta e' stata: "Lasciateci I vostri numeri di telefono. Vi richiameremo noi quando decideremo di rispondere".

domenica 11 ottobre 2009

Stada 443, da Gerusalemme a Ramallah

La Stada 443 e' la strada dell'esclusione, quella che fisicamente non permette agli israeliani e ai palestinesi d'incontrarsi. A questa strada possono accedere solo gli israeliani, ai palestinesi e' proibito. L'intera strada e' costeggiata sia a destra sia a sinistra da due muri abbastanza alti. E' la strada che collega Gerusalemme a Ramallah. E' costruita su un ponto sotto il quale c'e' un villaggio palestinese, Bet Aninc. Questo villaggio e' stato completamente tagliato a meta' per realizzare questa strada. Da quando questa strada esiste, i palestinesi che devono andare a ramallah sono costretti a prendere strade secondarie piu' lunghe e meno scorrevoli. La Corte Costituzionale ha giudicato la strada 443, illegale. Quando ne fu progettata la costruzione, l'obiettivo era quello di agevolare la mobilita' a entrambi i popoli. Stiamo praticamente assistendo a qualcosa che non e' affatto accaduto. La storia di questa strada l'ha raccontata al mondo Human Rights Watch, un'organizzazione pacifista che lotta contro le violazioni dei diritti umani. Dal loro sito: www.btselen.org e' possibile osservare foto e video che hanno realizzato in questi territori, soprattutto sulla stiscia di Gaza.

Betlemme attraverso lo sguardo di Naivf

Il primo giorno di Time of responsabilities in Israele e Palestina si e' svolto a Betlemme. Al primo chek point in aeroporto non ho avuto nemmeno la possibilita' di scegliere se avere o no il timbro sul passaporto. Le guardie della sicurezza trasmettevano una tensione incredibile. Si poteva percepirla anche solo stando in fila ad aspettare il controllo.
Betlemme non mi e' sembrata una citta' molto grande, era possibile percorrerla a piedi ma l'istinti mi ha suggerito di prendere un taxi. Aveva ragione. Lui, un uomo sulla cinquantina e' stato la mia guida per tutta mattinata in giro per Betlemme. Guardare la citta' attraverso i suoi occhi e' stato incredibile, mi ha mostrato cose che forse nemmeno immaginavo. Occhi vivi e speranzosi di vedere un cambiamento tra i due popoli. Ma anche occhi sofferenti di chi ha vissuto e vive la segregazione. Il momento migliore e' stato vedere forse il piu' grande insediamento israeliano. Mi ha condotto presso una delle starde di passaggio principale fiancheggiata da un alto muro di reti di ferro intrecciati in cui circola elettricita'. I palestinesi non possono entrare ne' passarvi attraverso per raggiungere Gerusalemme. La cosa peggiore pero' e' il controllo che l'autorita' israleiana ha assunto anche sulla costruzione e demolizione delle case. I palestinesi di betlemme hanno visto portare via le loro case di proprieta' o le hanno viste demolire, insieme alle scuole. In questo contesto inizio a capire un po' ,eglio i significati di segregazione, chiusura, desiderio di pace. Assumono vita, nel senso che si concretizzano in questo luogo. Diventano visibili e chiari nella loro interezza.
PS.
Un caro saluto alle mie amiche e compagne di studio che aspettano di sapere che sto bene!

martedì 6 ottobre 2009

Il corpo delle donne

Lettura della realtà attraverso il corpo, delle donne in particolare:
http://www.ilcorpodelledonne.net/?page_id=89

Come mai tutte le donne d'Italia non scendono in piazza per protestare il modo in cui vengono rappresentate?
Che ne è dei volti delle donne? Quelli veri, senza plastiche aggiunte? Quelli pieni di bellissime rughe, capelli scomposti e occhi senza trucco?

lunedì 5 ottobre 2009

Ferrara Internazionale



Anche quest'anno Ferrara ha aperto le sue storiche mura per accogliere i giornalisti di tutto il mondo. Internazionale a Ferrara è un Festival si può dire dell'informazione. Quella che penetra nei corpi delle persone attraverso le parole, le immagini e i video di giornalisti attivi in diversi paesi del mondo, i quali raccontano quello che i loro occhi vedono. La verità. E' questa la parola giusta per esprimere la moltitudine di cose che appaiono davanti ai tuoi occhi quando hai la responsabilità d'informare. Un'aria pulita di verità si è respirata in questo weekend. A mostrarci questa marea di cose che accadono nel mondo sono stati in molti, ad esempio, Francesco Zizola per Medici senza frontiere. Mariangela Gritta Grainer, dell'associazione Ilaria Alpi. Firouzeh Khosrovani, documentarista iraniana. Roberto Saviano. Petr Lom, regista ceco, autore del documentario Letters to the President. Suad Amiry, scrittrice palestinese. David Polonsky, llustratore israeliano, art director del film Valzer con Bashir. Paul Ginsborg, storico britannico. Misha Glenny, giornalista britannico, autore di McMafia.
Tutti loro ci hanno dato la possibilità di ascolto, confronto, produzione di nuove idee.