domenica 13 dicembre 2009
Embrace diversity
domenica 29 novembre 2009
Por la vida loca
martedì 24 novembre 2009
Maledetti voi ricchi
L’acqua è l’oro blu del XXI secolo. Insieme all’aria, l’acqua è il bene più prezioso dell’umanità. Vogliamo gridare oggi più che mai quello che abbiamo urlato in tante piazze e teatri di questo paese: “L’aria e l’acqua sono in assoluto i beni fondamentali ed indispensabili per la vita di tutti gli esseri viventi e ne diventano fin dalla nascita diritti naturali intoccabili -sono parole dell’arcivescovo emerito di Messina, G. Marra. L’acqua appartiene a tutti e a nessuno può essere concesso di appropriarsene per trarne illecito profitto,e pertanto si chiede che rimanga gestita esclusivamente dai Comuni organizzati in società pubbliche, che hanno da sempre il dovere di garantirne la distribuzione al costo più basso possibile.”
lunedì 16 novembre 2009
L'Europa con l'Africa,o l'Africa con l'Europa?
Cervelli, idee e anime si sono incontrate ad Ancona per discutere di Europa e Africa. Noi europei abbiamo incontrato gli africani. Quelli provenienti da ciascuno stato dell'Africa. Quelli della società civile, dei movimenti per i lavoratori e delle donne. Le protagoniste sono state sopratutto loro, le donne che portano sulle spalle l'Africa. che resistono, che hanno la forza e la voglia di cambiare. Gli interventi sono stati tanti e molto propositivi. L'Africa ci ha aiutato a capire dove e come l'Europa sta sbagliando. Innanzitutto è arrivato il momento per l'Europa di smetterla di dire cos'è l'Africa e chi sono gli africani. Sono loro che devono e vogliono farlo. Sono stanchi di non essere ascoltati e di chi prende le decisioni al loro posto. L'Europa ha bisogno d'interrogarsi su molte questioni. Poi c'è la triste problematica degli aiuti umanitari. Le politiche europee hanno impedito ai contadini africani di coltivare la propria terra per sfamarsi. Gli aiuti allo sviluppo possono diventare davvero pericolosi. Una soluzione potrebbe essere il microcredito alle donne, per aiutarle a realizzare piccole imprese. L'Africa vuole e ha bisogno di nutrirsi da sola. C'è, inoltre, un forte rivendicazione della differenza. Come Mamadou Cissoko, rappresentante dei contadini dell'Africa occidentale, ha sottolineato:"Non possiamo negare l'evidenza: io sono un nero e voi bianchi occidentali, ma questo non è un fatto grave. E' l'aiuto reciproco che risolverà molte questioni, non i soldi". Inviare soldi o aiuti umanitari all'Africa senza cambiare lo stile di vita occidentale non porterà ad alcun risultato positivo. L'aiuto crea dipendenza e soprattutto non giova alla popolazione locale. Il meeting ha toccato anche il problema dell'immigrazione partendo dal fatto che non è possibile un "salviamoli là e scacciamoli qua", come ricordava Eugenio Melandri, coordinatore di Chiama l'Africa. Gli africani che abitano accanto a noi, in Italia, hanno voglia di partecipare, di dire le loro idee e fare le loro proposte. Perchè vivono qui, lavorano, contribuiscono alla ricchezza del nostro paese. Forse è l'Africa che può venire in soccorso all'Europa, farle aprire gli occhi e le orecchie su qualcosa che ancora non riesce a vedere nè a sentire.
venerdì 6 novembre 2009
S.olidA.le BO.logna
mercoledì 4 novembre 2009
Manifesto per un mondo liberato dalle mafie
mercoledì 28 ottobre 2009
CONTROmafie
Le mafie si stanno estendendo con una velocità incredibile in ogni continente. E’ stato necessario e importante guardare al fenomeno attraverso questa lente. Le mafie stanno attaccando un patrimonio mondiale: i diritti umani. La mentalità mafiosa, diversa da organizzazione mafiosa, sta assecondando comportamenti illegali in ogni aspetto della vita quotidiana. Rita Atria, collaboratrice di giustizia, morta suicida il 26 luglio 1992 a 17 anni, diceva: “Io che ho respirato la mafia, penso che non possiamo sconfiggerla finché non sconfiggeremo la mafia che è dentro di noi”. Tutto ciò che è mafioso e illegale, non garantisce i diritti umani. Secondo quest’ottica le mafie e i comportamenti mafiosi si potranno sconfiggere solo attraverso la promozione dei diritti umani. Questo metodo potrebbe diventare il comune denominatore nella lotta alle mafie di ciascun paese. In Colombia, le mafie si sono organizzate in modo da avere il controllo non solo economico del paese, ma anche quello statale. Le azioni illegale sono coperte tramite il ramo legislativo ed esecutivo e, per mantenere l‘ordine, ogni forma di attivismo viene soffocata. Attualmente, i difensori dei diritti umani sono considerati dallo Stato terroristi e sovversivi. E’ stato cerato ad hoc per loro un servizio di Intelligentia strategica per neutralizzare i gruppi con atteggiamento definito offensivo nei confronti dello Stato. Sono servizi segreti che portano avanti quest’obiettivo spiando tramite l’intercettazione e il pedinamento, non solo i singoli attivisti per i diritti umani, ma anche magistrati e giornalisti. Il sistema politico colombiano permette queste violazioni e, soprattutto, ne trae vantaggio. Anche in Russia è difficile capire la differenza tra l’azione del governo e quella della criminalità organizzata. Non si riesce a fare una distinzione accurata. Il diritto più violato in Russia è la difesa personale. Le persone stanno iniziando a manifestare per affermare i propri diritti, ma la polizia attacca e picchia i manifestanti. L’azione delle forze dell’ordine è gestita e organizzata tramite gruppi criminali. Le aggressioni sono anche contro i blogger, i giornalisti e tutti coloro che denunciavano questi crimini. Attualmente il governo russo sta cercando di chiudere anche skype, l’unico canale indipendente per la libertà di espressione. La motivazione è “pubblica sicurezza”. Questi sono solo degli esempi per capire ciò che sta accadendo nel mondo attualmente a causa delle attività illecite delle organizzazioni criminali. Le mafie sono cambiate, si sono evolute. Sono diventate trasversali e transnazionali. Hanno molti soldi e stanno investendo in ogni parte del mondo dove hanno le possibilità di arricchirsi. Le mafie italiane stanno mettendo in atto nuovi accordi con le altre mafie, come quella russa, albanese e nigeriana.
lunedì 19 ottobre 2009
Zwahreh: il volto di una madre
Quello di Zwahreh è un villaggio di circa 2000 abitanti. Se potesse avere un volto secondo me avrebbe quello di una madre palestinese e di una vigorosa donna che ha raccontato della sua vita e di suo figlio in particolare. Suo figlio ha studiato all'universita' di Betlemme presso la facolta' di fisica, divenendo uno degli studenti piu meritevoli. Vince una borsa di studio in Italia, a
"Il nostro problema non e' la gente israeliana, ma il governo israeliano", ha affermato con forza. Sembrava quasi di sentirle vive le sue parole, nel senso che assumevano una forma di vita. Con la stessa forza e fierezza ci accompagna nella scuola dove lei e altre donne preparano il pranzo per tutti i bambini delle scuole
mercoledì 14 ottobre 2009
No place like home
Proprio questa mattina mi sono soffermata sulla scritta che il nostro amico autista palestinese di Betlemme ha appesa al finestrino dell'autobus: "No place like home". Nessun luogo e'
Siamo in una breve strada senza asfalto. Di fronte a noi c'e' una casa tipo villetta in costruzione. Due operai israe;iani che sono sul tetto ci fanno delle foto con I cellulari. Per costruire questa casa e' stata mandata via una famiglia: la famiglia di Nasser. Nel momento in cui sono stati cacciati, hanno iniziato a vivere li' davanti in una tenda. In quell'istante avrebbero ottenuto la status di rifugiati e forse sarebbero stati mandate in un campo profughi. Ma Nasser e la sua famiglia ha deciso di rinunciare a questo staus per continuare a vivere li', perche' quella e' la loro casa e la loro terra. Conservano ancora le chiavi e non hanno intenzione di andarsene. I giornalisti di Rai news 24 che erano con noi hanno provato a fare delle domande ai coloni israeliani riguardo alla casa di Nasser. La loro risposta e' stata: "Lasciateci I vostri numeri di telefono. Vi richiameremo noi quando decideremo di rispondere".
domenica 11 ottobre 2009
Stada 443, da Gerusalemme a Ramallah
Betlemme attraverso lo sguardo di Naivf
Betlemme non mi e' sembrata una citta' molto grande, era possibile percorrerla a piedi ma l'istinti mi ha suggerito di prendere un taxi. Aveva ragione. Lui, un uomo sulla cinquantina e' stato la mia guida per tutta mattinata in giro per Betlemme. Guardare la citta' attraverso i suoi occhi e' stato incredibile, mi ha mostrato cose che forse nemmeno immaginavo. Occhi vivi e speranzosi di vedere un cambiamento tra i due popoli. Ma anche occhi sofferenti di chi ha vissuto e vive la segregazione. Il momento migliore e' stato vedere forse il piu' grande insediamento israeliano. Mi ha condotto presso una delle starde di passaggio principale fiancheggiata da un alto muro di reti di ferro intrecciati in cui circola elettricita'. I palestinesi non possono entrare ne' passarvi attraverso per raggiungere Gerusalemme. La cosa peggiore pero' e' il controllo che l'autorita' israleiana ha assunto anche sulla costruzione e demolizione delle case. I palestinesi di betlemme hanno visto portare via le loro case di proprieta' o le hanno viste demolire, insieme alle scuole. In questo contesto inizio a capire un po' ,eglio i significati di segregazione, chiusura, desiderio di pace. Assumono vita, nel senso che si concretizzano in questo luogo. Diventano visibili e chiari nella loro interezza.
PS.
Un caro saluto alle mie amiche e compagne di studio che aspettano di sapere che sto bene!
martedì 6 ottobre 2009
Il corpo delle donne
http://www.ilcorpodelledonne.net/?page_id=89
lunedì 5 ottobre 2009
Ferrara Internazionale

mercoledì 30 settembre 2009
Il Siciliano
lunedì 28 settembre 2009
giovedì 23 luglio 2009
Children are not born with these arms
venerdì 3 luglio 2009
Questo Stato fa paura
Da oggi, inizio veramente ad avere paura di questo stato e di questo paese.
mercoledì 1 luglio 2009
It-a-cà
"Sei a casa" è la traduzione di "It-a-cà" in dialetto bolognese, che ha dato il titolo alla prima edizione del Festival del turismo responsabile a Bologna, dal 26 al 28 giugno presso i Giardini Lorusso in via dello scalo,21. L'idea alla base, resa perfettamente dal detto bolognese, di tutto il festival è stata quella del viaggio oltre la vacanza, la trasgressione e lo svago, ma come sfida, rischio e desiderio di conoscenza e scoperta (fuori dalle rotte del turismo di massa) del mondo vicino e lontano da casa. Il viaggiatore responsabile parte da casa e arriva a casa, una qualsiasi casa, una qualsiasi Itaca da raggiungere, dove più della meta conta il percorso e il modo in cui ci si mette in cammino.
lunedì 22 giugno 2009
Faber in mostra
Si è chiusa domenica 21 giugno la mostra dedicata alla vita di Fabrizio De Andrè a Genova presso il Palazzo Ducale. Cinque sale. Solo cinque sale. Sale piene, interattive e ricche di frammenti di storia, vita, musica. Un percorso breve ma inaspettatamente lungo e leggero.
domenica 21 giugno 2009
Apriamo Gaza
giovedì 18 giugno 2009
E'morto Ralf Dahrendorf
martedì 16 giugno 2009
Un ricordo a Enrico Berlinguer
venerdì 15 maggio 2009
Incontro con Amartya Sen
lunedì 27 aprile 2009
Il G8 è un imbroglio
sabato 25 aprile 2009
Fino a quando?
venerdì 24 aprile 2009
Due binari possono incrociarsi?
lunedì 20 aprile 2009
Mi offendo, Paolo Rossi
sabato 18 aprile 2009
La primavera antirazzista comincia

venerdì 17 aprile 2009
Se il piccolo(e bello)alza la voce
"Forse molti non sanno, o forse molti ignorano, che esiste un’Italia che non fa notizia, che non merita la prima pagina dei maggiori quotidiani e che parla a bassa voce. E’ la voce di una parte dell’Italia. E’ il Mezzogiorno. Quello descritto come la parte marcia del paese. Il problema dell’intero paese. Il luogo delle mafie, del traffico di droga e delle violenze di ogni tipo. Tutto questo è vero. Ma è vero anche il contrario. Il sud d’Italia non è solo questo.
“Casalesi è il nome di un popolo, non di un clan” (della camorra). E’ la frase che una ragazza ha pronunciato nella sua scuola a Casal di Principe, in provincia di Caserta (Campania). Per sottolineare che quello non è solo il luogo della criminalità, ma è una cittadina dove vive anche della gente onesta che non merita di essere etichettata ed esclusa. Un’altra ragazzina, che nessun giornalista ha ascoltato, proviene da un quartiere periferico di Napoli. Lei ha 13 anni. Frequenta la terza media. Nel suo compito in classe scrive: ”Vivo in una realtà difficile, non è tutto rose e fiori, ma se c’è qualche cosa di buono nessuno lo racconta. Perché non si parla di noi che lavoriamo? Perché non si parla di noi che vogliamo cambiare?”. Questa ragazzina rivendica ciò che di bello c’è nel posto in cui vive, ciò che di importante si fa e del modo in cui si fa.
Queste due semplici testimonianze ci dicono che le persone non sono contenitori che qualcuno riempie, ma sono risorse, idee e intuizioni che vengono fuori con forza e con rabbia, soprattutto in territori troppo spesso soffocati. Parlare di quello che c’è di buono e di bello in questo paese non conviene a nessuno, perché è l’elemento tragico e violento che fa guadagnare i quotidiani. Ma c’è una parte della popolazione italiana che è stanca di ascoltare solo queste notizie. Quella che ha deciso di spegnere la televisione (soprattutto durante il pranzo e la cena). Quella che usa altri canali per informarsi e quella che va aldilà della superficie di una notizia. C’è una parte di questa popolazione che vuole capire, che vuole cambiare a partire dalle cose belle che abbiamo come popolo e come paese. E’ un’Italia che sta rivendicando il proprio essere.
Ogni anno, per un giorno, queste persone si riuniscono in una città diversa per manifestare contro le mafie. E’ il popolo di Libera, Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie. Un popolo in forte aumento. Quest’anno la manifestazione si è svolta a Napoli. Secondo gli organizzatori, c’erano 150 mila persone da ogni parte del paese e non solo. Da quest’anno hanno partecipato anche i parenti delle vittime di mafia provenienti dalla Polonia, Turchia, Senegal. Libera nasce il 25 marzo del 1995 con don Luigi Ciotti e con una donna, che ha perso suo figlio, un ragazzo di 23 anni da poco entrato in polizia. Vale la pena conoscere la sua storia per capire il senso che c’è dietro le parole silenziose di chi vuole lottare per un’Italia e per un mondo migliore. Dopo un breve tempo presso la caserma di Torino, questo ragazzo di 23 anni, è stato mandato nella città di Palermo, nella sezione catturandi della squadra mobile. Erano gli anni 1984-85. Un momento storico importante: una squadra mobile che decide di realizzare una squadra ad hoc con figure professionali specifiche per catturare i latitanti mafiosi. Arriva questo ragazzo che entra a far parte di questa squadra. Per ragioni di famiglia, la mancanza del padre e i problemi di salute della madre, è costretto a chiedere il trasferimento. Lavorerà a Roma. Qui s’innamora di una stupenda ragazza. Durante le ferie estive decide di portare la sua ragazza in Sicilia, a Palermo per mostrarle dove lavorava e per farle conoscere il suo commissario della squadra catturandi, Ninì Cassarà. Con grande soddisfazione le presenta i suoi vecchi colleghi e le mostra questa bellissima città: il mare, il porto, il centro storico. Dopo questa vacanza estiva avrebbe dovuto riprendere il suo lavoro a Roma. Quando ancora era lì, però, viene ucciso il commissario Beppe Montana. Partecipa con grande dolore ai funerali con la sua ragazza e si rende conto che il suo commissario, Cassarà, collega di Montana, è in pericolo. Sente che non è protetto. Sente che è lasciato solo. A questo punto, guarda la sua ragazza e le dice che ha deciso di restare lì per proteggere il suo commissario. Accompagna la sua ragazza a Roma. Ritorna a Palermo e scorta volontariamente il commissario Cassarà. Moriranno tutti e due con 71 colpi di mitraglietta. Era il 6 agosto 1985. Lui, con la sua grande generosità e il suo commissario, con il suo forte impegno contro la mafia siciliana. Lui era Roberto Antiochia. Sua madre, Saveria Antiochia e don Luigi Ciotti, hanno dato vita a Libera e insieme hanno deciso che doveva esserci un giorno all’anno, in cui tutti i parenti delle vittime di mafia e tutti coloro che s’impegnano contro le mafie, devono incontrarsi per camminare insieme e ascoltarsi reciprocamente. E’ stato scelto il primo giorno di primavera, il 21 marzo. Per dare una segnale di speranza e di cambiamento.
Oggi, la manifestazione del 21 marzo non è più il punto di partenza. E’ il punto di arrivo, dopo un anno di lavoro comune e comunitario in giro per le scuole di tutt’Italia insieme ai parenti delle vittime di mafia, per iniziare a cambiare la realtà in cui viviamo quotidianamente.".
Un mondo da realizzare
mercoledì 15 aprile 2009
Perchè nessuna donazione in Abruzzo
venerdì 10 aprile 2009
Napoli, 21 marzo 2009
martedì 27 gennaio 2009
Memoria...della vita
lunedì 19 gennaio 2009
Da Martin Luther King a Obama
domenica 11 gennaio 2009
1999deandrè2009

Caro Fabrizio,
quante cose son cambiate in questi 10 anni!
venerdì 2 gennaio 2009
Un anno di pace?

Un augurio di pace al nostro mondo.