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martedì 20 marzo 2007

Daniele torna a casa

Non credo che dimenticherò il lungo applauso a Daniele Mastrogiacomo dei colleghi di "Repubblica", ieri, quando abbiamo saputo che era vivo, e che era libero. Nei giorni terribili della paura per la sua vita, nell'angoscia per la decapitazione del suo autista Said, abbiamo scoperto che un giornale non è solo una famiglia intellettuale e professionale, ma anche una tribù, con vincoli profondi e sentimenti fortissimi. Tutto questo si è sciolto con la prima telefonata di Daniele da Lashkar Gah - quella telefonata che avevamo aspettato e inseguito per quindici giorni - ma non è finito. Perché attorno al giornale si è mossa una comunità ampia, solidale e partecipe, che è il mondo di "Repubblica", per noi prezioso. E ancor più, un sentimento nazionale, se così si può chiamare, che ha unito giornalisti e cittadini nella passione per un unico obiettivo: liberare Daniele. Se oggi Daniele è libero, noi dobbiamo dei ringraziamenti. A Gino Strada e la sua Emergency prima di tutto, perché senza di loro la fase del rilascio nel sud dell'Afghanistan sarebbe stata molto più difficile e rischiosa. A Prodi e D'Alema, per aver voluto e saputo premere su Karzai, il presidente dell'Afghanistan, perché nella sua autonomia rispondesse alle richieste che a lui rivolgevano i rapitori taliban. All'ambasciatore italiano a Kabul, Sequi, e al Capo dell'unità di crisi della Farnesina, Elisabetta Belloni, che hanno retto la barra di giornate difficili con grande esperienza e sicurezza, insieme con i servizi di informazione. "Repubblica" ha partecipato alla gestione della crisi perché un canale si è aperto proprio con noi, e su quel canale sono passate la prima rivendicazione del sequestro, la prova che Daniele era vivo, le terribili minacce per la sua vita e gli ultimatum che ci hanno fatto tremare. Tutti abbiamo fatto di tutto per salvare una vita umana e per liberare un reporter italiano dai suoi rapitori. Sapendo, come abbiamo scritto il primo giorno, che nel ricatto del sequestro c'è lo spazio intero della nostra libertà e della nostra sovranità, dunque dell'autonomia della politica occidentale e delle sue scelte. Siamo riusciti a liberare Daniele e a rispettare l'autonomia della politica, che oggi può giudicare il caso afgano libera da ogni costrizione. Ecco perché questo è un gran giorno per "Repubblica" e per il Paese.
20 marzo 2007, La Repubblica

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