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venerdì 30 maggio 2008

Libertà al Tibet

Il Tibet, come tutta la Cina continentale, è strettamente governato dal Partito Comunista Cinese strettamente subordinato al Governo che ne porta a compimento le direttive. Nella sola Lhasa sono attivi oltre sessanta tra Dipartimenti e Comitati molti dei quali lavorano in stretto contatto con i rispettivi uffici nazionali a Pechino. L’autonomia della Regione è del tutto inesistente. La massima carica del paese, quella di Segretario del Partito, non è mai stata ricoperta da un tibetano. Il Partito Comunista mantiene in Tibet un contingente militare di 250.000 uomini. Soldati e poliziotti controllano le vie di ogni centro urbano. A partire dalla seconda metà degli anni ’90, il Partito ha curato l’organizzazione di quadri fedeli alle sue direttive, destinati a controllare il territorio tibetano, comprese le aree rurali, allo scopo di sradicare alla base ogni forma di separatismo e di eliminare ogni manifestazione di sostegno al Dalai Lama e al Governo Tibetano in Esilio. Il Congresso Nazionale del Popolo, riunito a Pechino nel marzo 2003 per la nomina della nuova dirigenza cinese, ha premiato con incarichi importanti alcuni leader di spicco che, nella passata legislatura, hanno svolto ruoli di primo piano in Tibet. E’ il caso di Zhou Yonkang, capo della Provincia del Sichuan all’epoca dell’arresto e della condanna a morte di Lobsang Dondhup e Tenzin Delek, ora assunto alla carica di Ministro della Pubblica Sicurezza, e di Chen Kuiyuan, ex segretario del Partito nella Regione Autonoma Tibetana negli anni ’90. Chen, sostenitore della “linea dura” è stato eletto membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese di cui figura tra i 24 vice presidenti. Queste “promozioni” sembrerebbero indicare la determinazione del Partito e del governo di Pechino a mantenere il Tibet in una stretta morsa assicurando la continuità della linea politica. Anche il cambio della guardia ai vertici della Regione Autonoma Tibetana sembra avvalorare questa tendenza. Alla carica di nuovo Presidente del Tibet, al posto di Legchok, è stato eletto Jampa Phuntsog, ex vice segretario del Partito e ora chiamato a svolgere un ruolo di governo. Legchok ha sostituito alla presidenza del Comitato Nazionale del Congresso del Popolo (la più alta carica della TAR) il tibetano Ragdi, trasferito a Pechino dopo 18 anni di servizio nella Regione Autonoma. Segretario del Partito è un cinese, Yang Chuantang, che ha sostituito Guo Jinlong, eletto al prestigioso incarico nel 2000 al posto del “duro” Chen Kuiyang. Nessun tibetano è mai stato eletto segretario del Partito, ruolo che, di fatto, garantisce la gestione del potere.

In Tibet, oggi è continuo l’afflusso dei coloni cinesi che hanno ormai ridotto i tibetani ad una minoranza all’interno del loro paese, con una presenza di sette milioni e mezzo di coloni han contro sei milioni di tibetani. Le attività religiose e la libertà di culto sono fortemente ostacolate, proseguono gli arresti e le detenzioni arbitrarie e i detenuti sono percossi e torturati. Il “miracolo economico” cinese non reca alcun concreto vantaggio ai tibetani che sono progressivamente emarginati dal punto di vista sia economico sia sociale. Le stesse grandiose infrastrutture (gasdotti, ferrovie, aeroporti), volute dal governo di Pechino, non sono di beneficio alla popolazione tibetana: favorendo, di fatto, l’afflusso di nuovi coloni, costituiscono un’ulteriore minaccia alla cultura e alle tradizioni peculiari del paese oltre a comprometterne seriamente l’equilibrio ambientale. Nonostante gli stretti controlli esercitati dalla polizia e dall’esercito, pacifiche dimostrazioni si susseguono sia all’interno della Regione Autonoma Tibetana, in particolare a Lhasa, sia nelle altre Regioni (Kham e Amdo). Le autorità cinesi rispondono inasprendo imposizioni e divieti. Fonti attendibili hanno riferito che i giorni 11 e 12 novembre 2003, speciali “gruppi di lavoro” composti di funzionari governativi si sono recati nei villaggi e hanno intimato alla popolazione tibetana delle contee di Kardze e Lithang (Sichuan), composta prevalentemente da contadini, di consegnare tutte le fotografie del Dalai Lama entro un mese, pena la confisca della terra. Il 21 novembre, il governo tibetano in esilio ha definito questa misura “provocatoria” e ha accusato la Cina di volere deliberatamente esasperare la popolazione tibetana del Sichuan per poter pretestuosamente intervenire con la forza. Dal 2001, la provincia del Sichuan, che in passato aveva goduto di una relativa libertà di culto, è divenuta uno dei punti focali della campagna contro il Dalai Lama e la religione. Tra le personalità di grande spicco oggetto della repressione cinese figurano Geshe Sonam Phuntsok (che attualmente sta scontando una pena detentiva di cinque anni). Il gruppo d’informazione Tibet Information Network ha reso noto che il 29 agosto 2003 sei monaci residenti nella Contea di Kakhog, Prefettura di Ngaba, (Amdo) sono stati arrestati e condannati a pene detentive varianti da uno a dodici anni per aver distribuito volantini inneggianti all’indipendenza del Tibet. Dopo l’arresto dei religiosi, avvenuto nel corso dell’annuale “Yak Festival”, il personale dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza ha fatto irruzione nella stanza di uno dei monaci ed ha confiscato numerose fotografie del Dalai Lama e una bandiera tibetana. Anche nella Regione Autonoma continuano tuttavia gli arresti e le violenze. Il 2 dicembre 2004 si è appreso che Yeshe Gyatso, un tibetano di settantadue anni, ex funzionario governativo, arrestato a Lhasa nel giugno 2003 assieme a due studenti universitari, è stato condannato a sei anni di carcere.Il 16 dicembre 2004, TibetNet ha diffuso la notizia della morte di Tenzin Phuntsok, sessantaquattro anni, arrestato il 21 febbraio 2003 perché sospettato di coinvolgimento in attività politiche “sospette”. I tibetani di Khangmar, suo paese natale, ritengono che Phuntsok, in ottima salute prima dell’arresto, sia morto in seguito alle torture subite durante gli interrogatori presso il centro detentivo di Nyari. Lascia la moglie e undici figli.

domenica 25 maggio 2008

Gomorra

Gomorra è un termine che deriva dall’ ebraico: עֲמוֹרָה, cioè Amora, la quale rappresenta una delle "cinque città della pianura" (la più nota delle quali è Sodoma) distrutte da Dio, secondo la narrazione della Bibbia, per la corruzione dei loro abitanti. La sua distruzione è narrata in Genesi 19. Secondo il testo biblico era situata nei pressi del Mar Morto. Tradizionalmente la distruzione di Gomorra è stata attribuita allo stesso peccato che aveva causato la distruzione di Sodoma, quindi il nome di Gomorra nella letteratura antica è sempre citato o in associazione con il nome di Sodoma ("Sodoma e Gomorra"), o per sostituirlo. Spesso Gomorra viene usato come sinonimo di corruzione e decadimento morale e umano.

Dopo il romanzo di Roberto Saviano, Matteo Garrone prova a riprodurre la realtà delle Vele di Secondigliano e la vita a Casal di Principe, entrambe sotto il dominio camorristico. Meno coinvolgente e provocatorio del romanzo, il film, con una narrazione tutt’altro che lineare, si ferma all’osservazione e alla conoscenza del sistema camorristico. Il punto di vista resta quello esterno, da parte di chi guarda le cose da una zona libera, pulita, senza esserne coinvolto davvero. Il romanzo, diversamente, è coraggioso. E’ temerario e pronto ad alzare la testa e guardare in faccia Francesco Schiavone o Salvatore Giuliano.
Il film non lascia una soluzione, perché non c’è. E’ un messaggio di completa impotenza nei confronti de ‘o sistema. Si parla di una criminalità internazionale presente e difficile da cambiare. Non esiste diagnosi di recupero. Non è ancora stato inventato un vaccino sicuro per queste terre campane. In questo barlume di impotenza, forse restano solo due le immagini che restituiscono una speranza per un cambiamento possibile. Il sopraffino sarto Pasquale che smette di mettere la sua arte al servizio del lavoro nero finanziato dai clan e destinato all´alta moda mondiale del "made in Italy". E il neolaureato Roberto che si ribella al datore di lavoro, che tratta rifiuti tossici per conto di rispettabilissimi interlocutori del nord Italia.


Aldilà dello spettacolo cinematografico, le immagini del traffico di rifiuti tossici da seppellire nelle cave abusive del napoletano, i depositi di armi nascosti insieme alle bufale del casertano, gli adolescenti che imparano a diventare uomini alla scuola delle armi e aspirano ad essere affiliati ai clan per avere la moto e i vestiti buoni, le donne-imprenditrici che gestiscono i soldi…chiamano ad un attento esame di coscienza.
‘O sistema è un’ azienda che produce potere e ricchezza, violenza e controllo capillare, i quali costituiscono l’architettura di questo enorme fenomeno dove lecito e illecito non hanno confine, dove principi giuridici, leggi, stato di diritto non esistono.Gli stessi imprenditori che operano nella “legalità” hanno bisogno di manodopera a costo quasi zero procurata dal ‘O sistema e non potrebbero perciò vivere senza di esso. L’illegale sta alla base di ciò che appare legale.

venerdì 23 maggio 2008

23 Maggio 1992

Queste le parole di Giovanni Brusca, il mafioso che ha ucciso Giovanni Falcone e tutta la sua scorta il 23 maggio 1992 a Capaci: "Ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la mia prima volta: avevo già adoperato l’auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento. Ho strangolato parecchie persone. Ho sciolto i cadaveri nell’acido muriatico. E, prima di farlo, molti li ho carbonizzati su graticole costruite apposta".
Brusca ha messo queste cose a verbale e nel 1999 le ha pure raccontate al collega Saverio Lodato. "Non ho mai avuto modo di conoscere il dottor Falcone. Il mio risentimento nei suoi confronti era identico a quello di tutti gli affiliati a Cosa Nostra: era il primo magistrato, dopo Rocco Chinnici, che era riuscito a metterci seriamente in difficoltà, quella che aveva inaugurato la pagina del pentitismo, che aveva istruito, anche se non da solo, il primo «maxi processo» contro di noi. Era riuscito a entrare dentro Cosa Nostra, sia perché ne capiva le logiche, sia perché aveva trovato le chiavi giuste. Lo odiavamo, lo abbiamo sempre odiato".
"Prendemmo la decisione iniziale di uccidere Falcone, per la prima volta, alla fine del 1982", racconta Brusca. "Non tramontò mai il progetto di uccidere Falcone, di eliminare lui e tutti i nostri avversari: quelli che ci avevano tradito, quelli che erano stati amici e ci erano diventati nemici, e mi riferisco agli uomini politici che spesso si trinceravano dietro lo scudo dell’antimafia per rifarsi una verginità. Per esempio quelli che ormai realizzavano tutto ciò che chiedeva Falcone: le sue leggi, i suoi provvedimenti, le sue misure restrittive. Giulio Andreotti per ripulire la sua immagine ci provocò danni immensi: Salvo Lima e Ignazio Salvo sono stati uccisi per questo".
Oggi Giovanni Falcone è vivo perchè cammina sulle nostre gambe. Con la sua morte la mafia si è ingannata da sola, perchè ha dimostrato che ciò che diceva era vero. E continua ad essere vero.
"Nel periodo precedente all’attentato si doveva fare il nuovo presidente della Repubblica e si parlava di Andreotti come uno dei candidati più forti. Noi volevamo che l’attentato avvenise prima della nomina, in modo che il senatore non venisse eletto.Tanto che Riina disse: «Glielo faccio fare io il presidente della Repubblica…». Noi pensavamo:«A cu fannu, fannu, a noi non ci interessa. Basta che non è Andreotti». E così accade. Anche un bambino capisce che in quel periodo, con le voci che giravano su Andreotti, con la strage di Falcone, lui era spacciato. Completamente tagliato fuori".


Parlamento Pulito?!

Nella nuova legislatura, fra conferme, bocciature e new entry, abbiamo mantenuto la quota di 25 condannati definitivi (dello scorso governo), più 57 esponenti delle altre categorie penali: totale 82, ai quali vanno aggiunti i politici che prendevano soldi da Parmalat e che­ incredibilmente non sono stati chiamati a risponderne (salvo un paio di eccezioni). Il che significa che, su 900 e rotti parlamentari, una novantina ha seri problemi con la legge. Uno su dieci. E la percentuale del 10 per cento è decisamente eccessiva anche per le aree più disagiate del paese.
Ogni anno la Corte dei conti segnala la presenza, nelle amministrazioni dei vari ministeri, di centinaia di condannati (non solo per reati contro la Pubblica amministrazione, ma anche per violenza sessuale e per pedofilia) e non c’è verso di mandarli a casa. Idem per il Parlamento: chi corrompe i giudici o aiuta la mafia o incassa tangenti a tutto spiano e poi (ma anche prima) ha l’accortezza di rifugiarsi in una delle due Camere, diventa intoccabile. La legge proibisce ai condannati a pene complessivamente superiori a 2 anni per delitti contro la Pubblica amministrazione di candidarsi nei consigli comunali, provinciali e regionali; e prevede la sospensione degli eletti nei tre enti locali in caso di condanna al primo grado, e la loro decadenza in caso di condanna passata in giudicato. La regola, però, non vale per i parlamentari, per i ministri, per i presidenti del Consiglio. Una strana dimenticanza che ha una sola spiegazione: le leggi non le fanno i consigli comunali, provinciali e regionali. Le fa il Parlamento. Così i condannati che non possono più metter piede negli enti locali trasmigrano alla Camera, al Senato, al Governo e all’Europarlamento. Lì si può tutto. Non si butta via niente.
Dove sono i pregiudicati:
Camera
: 49 Senato: 26 Parlamento europeo: 7
Categorie penali
Condannati definitivi (o patteggiamenti) 25
Prescritti definitivi 10
Assolti per legge 1
Prosciolti per immunità 1
Condannati in I grado 8
Imputati in I grado 17
Imputati in udienza preliminare 1
Indagati in fase preliminare 19
Totale 82
L’hit parade dei partiti
Forza Italia 29 Alleanza nazionale 14 Udc 10 Lega Nord 8 Movimento per l'autonomia 1 Dc 1 Psi 1 Gruppo misto 1
Totale Destra 65
Margherita 6 Ds 6 Udeur 2 Rifondazione comunista 2 Rosa nel pugno 1
Totale Sinistra 17
La classifica dei reati
Corruzione 18, Finanziamento illecito 16, Truffa 10, Abuso d’ufficio e falso 9, Associazione mafiosa 8, Bancarotta fraudolenta e turbativa d’asta 7, Associazione a delinquere e resistenza a pubblico ufficiale e falso in bilancio 6, Attentato alla Costituzione e attentato all’unità dello Stato e struttura paramilitare fuorilegge 5, Favoreggiamento e concussione e frode fiscale 4, Diffamazione e abuso edilizio e lesioni personali 3, Banda armata e corruzione giudiziaria e peculato e estorsione e rivelazione di segreti 2, Omicidio e associazione sovversiva e istigazione a delinquere e favoreggiamento mafioso e aggiotaggio e percosse e violenza a corpo politico e incendio aggravato e calunnia e falsa testimonianza e voto di scambio e appropriazione indebita e violazione della privacy e oltraggio e fabbricazione di esplosivi e violazione diritti d’autore e frode in pubblico concorso e adulterazione di vini 1
VENTICINQUE PARLAMENTARI ITALIANI CHE HANNO SUBITO UNA CONDANNA DEFINITIVA:
1. Berruti Massimo Maria (FI): favoreggiamento. 2. Biondi Alfredo (FI): evasione fiscale (reato poi depenalizzato). 3. Bonsignore Vito (Udc): corruzione. 4. Borghezio Mario (Lega Nord): incendio aggravato. 5. Bossi Umberto (Lega Nord): finanziamento illecito e istigazione a delinquere. 6. Cantoni Giampiero (FI): corruzione e bancarotta. 7. Carra Enzo (Margherita): falsa testimonianza. 8. De Angelis Marcello (An): banda armata e associazione sovversiva. 9. D’Elia Sergio (Rosa nel pugno): banda armata e concorso in omicidio. 10. Dell’Utri Marcello (FI): false fatture, falso in bilancio e frode fiscale. 11. Del Pennino Antonio (FI): finanziamento illecito. 12. De Michelis Gianni (Psi): corruzione e finanziamento illecito. 13. Farina Daniele (Prc): fabbricazione, detenzione e porto abusivo di ordigni esplosivi, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e inosservanza degli ordini dell’autorità. 14. Jannuzzi Lino (FI): diffamazione aggravata. 15. La Malfa Giorgio (FI): finanziamento illecito. 16. Maroni Roberto (Lega Nord): resistenza a pubblico ufficiale. 17. Mauro Giovanni (FI): diffamazione aggravata. 18. Nania Domenico (An): lesioni volontarie personali. 19. Patriciello Aldo (Udc): finanziamento illecito. 20. Pomicino Paolo Cirino (Dc): corruzione e finanziamento illecito. 21. Previti Cesare (FI): corruzione giudiziaria. 22. Sterpa Egidio (FI): finanziamento illecito. 23. Tomassini Antonio (FI): falso in atto pubblico. 24. Visco Vincenzo (Ds): abuso edilizio. 25. Vito Alfredo (FI): corruzione.

giovedì 22 maggio 2008

L'Italia che (non) ci rappresenta

Presidente del Consiglio: Silvio Berlusconi
Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio: Gianni Letta Paolo Bonaiuti (Editoria) Gianfranco Miccichè (CIPE) Carlo Giovanardi (Famiglia, Droga, Servizio civile) Michela Vittoria Brambilla (Turismo) Aldo Bran cher (Federalismo) Rocco Crimi (Sport) Maurizio Balocchi (Semplificazione normativa)

Ministri con portafoglio
1.Affari Esteri Franco Frattini
Sottosegretari: Stefania Gabriella Anastasia Craxi, Alfredo Mantica, Enzo Scotti
2.Interno Roberto Maroni Sottosegretari: Michelino Davico, Alfredo Mantovano, Nitto Francesco Palma
3.Giustizia Angelino Alfano Sottosegretari: Maria Elisabetta Alberti Casellati, Giacomo Caliendo
4.Economia e Finanze Giulio Tremonti Sottosegretari: Alberto Giorgetti, Daniele Molgora, Nicola Cosentino, Luigi Casero, Giuseppe Vegas
5.Sviluppo Economico Claudio Scajola Sottosegretari:Ugo Martinat, Paolo Romani, Adolfo Urso
6.Istruzione Università e Ricerca Mariastella Gelmini Sottosegretari: Giuseppe Pizza
7.Lavoro Salute e Politiche sociali Maurizio Sacconi Sottosegretari: Pasquale Viespoli, Ferruccio Fazio, Francesca Martini, Eugenia Maria Roccella
8.Difesa Ignazio La Russa Sottosegretari: Giuseppe Cossiga, Guido Crosetto
9.Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Luca Zaia Sottosegretari: Antonio Bonfiglio
10.Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo Sottosegretari: Roberto Menia
11.Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli Sottosegretari: Roberto Castelli, Bartolomeo Giachino, Mario Mantovani, Giuseppe Maria Reina
12.Beni e Attività Culturali Sandro Bondi Sottosegretari: Francesco Maria Giro
Ministri senza portafoglio
Rapporti con le Regioni
Raffaele Fitto
Attuazione del Programma Gianfranco Rotondi
Pubblica amministrazione e l'Innovazione Renato Brunetta
Pari opportunità Mara Carfagna
Politiche Comunitarie Andrea Ronchi
Rapporti con il Parlamento Elio Vito
Riforme per il Federalismo Umberto Bossi
Politiche per i Giovani Giorgia Meloni
Semplificazione Normativa Roberto Calderoli

sabato 17 maggio 2008

La Terra dei Rifiuti



Napoli, venerdì 16 maggio, vico Monte della pietà, Facoltà di Sociologia.

Il gruppo di studenti della facoltà di sociologia della Federico II, unito nel movimento SOCIOLOGIAinMOVIMENTO, ha fortemente voluto ed infine realizzato una giornata di studio e di lavoro sul tema dei rifiuti in Campania e a Napoli nello specifico.
Il dibattito si è svolto con interventi che hanno mostrato i diversi punti di vista del tema in questione: lo studio e la ricerca della docente-storica Gabriella Gribaudi (vi consiglio di leggere il suo articolo su http://ambienti.wordpress.com/2008/02/19/il-ciclo-vizioso-dei-rifiuti-campani/), il ruolo del geologo Franco Ortolani che ha posto l'attenzione sui territori campani attualmente inadatti a discariche ma abusivamente sfruttate, la figura del medico oncologo Giuseppe Comella che mostra le conseguenze sulla salute umana, la visione europea offerta dall'avvocato per il Comitato di Acerra, Tommaso Esposito.
Quella dei rifiuti è una problematica sicuramente molto complessa, ma che si è trasformata, negli anni, in una terribbile guerra silenziosa. Le immagini più reali di quelle che stanno mostrando da qualche mese a questa parte televisione o giornali, sono presenti nel film documentario Biutiful Cauntri. Una realtà che fa paura. Un mondo che appare dimenticato. Una terra che nasconde affari. Attualmente in Campania sono presenti 4866 discariche abusive che contaminano le nostre terre, che inquinano le nostre acque, che uccidono i nostri animali, che lentamente ci stanno uccidendo.

giovedì 1 maggio 2008

lavORO

Oggi, nel Giorno del Lavoro, mi viene in mente Marx. Nel 1861 scriveva:"il lavoro è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo, per mezzo della propria azione, media, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, per appropriarsi dei materiali della natura in forma usabile per la propria vita.". Ripenso al contributo che egli ha dato sul significato di questo concetto che in tanti oggi storpiano, semplificano, trasformano, ne fanno strumento elettorale. Oggi, questa parola, LAVORO, sembra divenuta urgente e temuta insieme. Perchè non è possibile morire per il lavoro:"Il lavoro non è una condanna per l’uomo, ma il lavoro è l’uomo stesso nel suo modo specifico di farsi uomo. Il lavoro è l’unica manifestazione della libertà umana, ovvero della capacità di formare la propria esistenza specifica."