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lunedì 10 novembre 2008

Una morte in nome della legalità

E' morta Miriam Makeba. E' morta dopo il suo ultimo canto di speranza a Castelvolturno, nella terra dell'illegalità, della camorra, del razzismo. Anche la sua morte, così come la sua vita, è stato un gesto coerente con le sue idee e la sua voglia di ricercare speranza.
Mama Afrika (così è meglio conosciuta) è un modello per molti africani in esilio in varie arti del mondo, per molti che si battono contro l'apartheid e contro il razzismo mondiale, per molti che ancora credono e che ancora sperano, non solo neri.
I segni che lei ha lasciato sono troppo radicati nel mondo per essere cancellati. Miriam Makeba non è morta perchè la sua speranza continuerà a muovere le nostre azioni e le nostre scelte.

giovedì 6 novembre 2008

L'era del Nuovo Mondo

Obama ce l'ha fatta...è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Per la prima volta nella storia abbiamo avuto la possibilità di assistere all'elezione del primo presidente nero degli stati uniti d'america. Non è solo l'uomo Barak Obama ad aver vinto, ma è l'emarginazione ad aver vinto, sono i diritti umani che hanno vinto, gli esclusi, le minoranze, i poveri, gli immigrati hanno vinto. E ancora, hanno vinto tutti quelli che non si sono stancati di questo triste mondo e vogliono continuare a sognare di poterlo ancora cambiare.
La speranza ha preso un nuovo colore e un nuovo odore, quello del cambiamento.
Il compito che avrà Obama non sarà facile, ma oggi è bello e necessario essere fiduciosi, tenendo sempre a mente che un solo uomo non riuscirà a cambiare le sorti di questa realtà. Ognuno nel proprio piccolo ha la possibilità di aiutare Obama in questa missione.
Una nuova storia sta per iniziare e, oggi, sono davvero felice di farne parte.

lunedì 13 ottobre 2008

Documentari e cinema sociale dal Sud del mondo

Un pomeriggio a guardare una parte del mondo attraverso altri occhi. Scoprire come è difficile il mestiere di insegnante di bambini di strada a Gaza, attraverso il Ludobus nello speciale Palestina "Educare a Gaza" di Alessio Del Bianco e Nicola Gencarelli. Aprire gli occhi sull'India e sui rifugiati tibetani in India, attraverso "Quit India" di Alice Concari e "Mumbay's Way" di Lino Greco e Gerardo Lamattina. E, in ultimo, ma non meno stimolante, la sezione dedicata all'Africa andata e ritorno: l'immigrazione da parte di chi decide di partire, nonostante tutto, in "Barcelone ou la mort" di Idrissa Guiro; il coraggio di scegliere un "mestiere da uomini" da parte di una donna congolese in "Ra, la réparatrice" di Mamadou Cisse; la straziante situazione di lontananza dalle persone che ami, che vivono coloro che emigrano per un lavoro migliore o semplicemente per assenza di alternative valide, in "Mimoune" di Gonzalo Ballester.
E' incredibile per quanti stimoli può dare un pomeriggio vissuto così.

domenica 12 ottobre 2008

AfroScopia, Migranti


Per imparare a conoscere l'Africa, è importante fermarsi anche ad ascoltare gli africani. Un pomeriggio, quello di ieri, al quartiere savena di bologna, organizzato dall'associazione Amani e da coloro che per primi possono parlare di Africa: gli africani. Primo fra tutti, il primo parlamentare di colore nella storia italana, Jean Leonard Touadi. "L'immigrazione è lo specchio fedele della globalizzazione, incapace di affrontare le disuguaglianze economiche mondiali", ha iniziato così il suo discorso. Oggi, l'immigrazione è un fenomeno globale ed epocale, ma, a differenza di ciò che vogliono farci credere, in Italia non c'è l'emergenza immigrazione. Solo il 6% della popolazione italiana è costituita da immigrati, siamo in perfetta sintonia con la media europea. Un'altra questione che pensano di poter risolvere con i militari o con la condanna, è il fatto che l'immigrazione è un fenomeno che non si può fermare. Non c'è alternativa all'immigrazione. Dunque, se non si può evitare, sarebbe meglio per tutti provare ad affrontarla in maniera vera e reale. Innanzitutto, attraverso la cooperazione a monte, e l'interazione a valle. Qiesto approccio sarà possibile attuarlo solo se operiamo un'ecologia del linguaggio, perchè trascurare questo aspetto ha creato ciò che in sociologia si chiama costruzione sociale del nemico. Dal 1991, quando gli albanesi sbarcarono sulle coste italiane, poi con l'11 settembre 2001, il terrorismo e, oggi, il dramma della sicurezza, si è verificata questa costruzione che è entrata prima nelle case e poi nelle menti delle persone, fino a convincersi di qualcosa che non è reale. E' possibile, però, uscire da questa situazione e aprire gli occhi per liberarsi dalla paura sulla quale la politica lucra. Una strada possibile ha 4 caratteristiche: 1, uscire dalla contrapposizione diversità/uguaglianza; 2, etica del simile (perchè in sua assenza la diversità è guerra); 3, via dall'etnocentrismo europeo; 4, uscire dalla staticità culturale, perchè la cultura è un processo sempre in evoluzione.
La meta di ciascuno di noi è farsi uguali nella differenza.

venerdì 3 ottobre 2008

Il mondo è Nostro



Nella Giornata Mondiale della Non-violenza (2 ottobre), parlare di non-violenza e di conseguenza di diritti umani, pace, democrazia e sviluppo, diventa una sfida di portata internazionale. Un mondo continuamente sotto controllo per nascondere accordi sottobanco che riempono le tasche di pochi, svuotando tutto ciò che resta. Un mondo a cui non conviene il disarmo, perchè la guerra è il migliore momento per fare affari. Un mondo che crede nella staticità e nel ritorno alle origini, chiudendo gli occhi di fronte al cambiamento e ai movimenti umani che ci circondano sempre di più. Quel mondo vecchio che non investe sui giovani. Quello in cui la politica è diventato il teatrino della finanza. Quello che ha imparato a manipolare le menti anche attraverso le commoventi parole: sviluppo, cooperazione, aiuti umanitari. Il mondo che ha iniziato una guerra silenziosa, quella dell'accaparramento delle risorse. Nonostante questo, è il nostro mondo. Quello in cui viviamo e siamo grati per questo. Proprio perchè è nostro, cioè che appartiene ad ognuno di noi, è necessario difenderlo, pulirlo, averne cura, rispettarlo, anche se fare tutto questo richiederà tempo e impegno. Ma vale sempre la pena lottare per qualcosa che si ama. E noi amiamo questo mondo. Solo quando avremo capito questo, penso che potremo essere fieri di parlare di Non-violenza.

domenica 28 settembre 2008

Globalizzazione e linguaggio

Negli anni '70, con l'inizio della globalizzazione, inizia a scomparire sempre di più l'economia nazionale per cedere il posto ad un capitalismo nuovo. Gli stati nazionali entrano in crisi, il patto sociale si sgretola e il welfare state crolla. Questa crisi generale è il risultato di un mondo che inizia a cambiare, così come le richieste di benessere non sono più le stesse. Da questi anni, va in crisi anche il linguaggio: le parole assumono una forma diversa perchè cambia la realtà circostante e di conseguenza si modificano i concetti che sono dietro ogni parola. Per la prima volta, negli anni '60, un gruppo di ricercatori si pone il problema de "i limiti della crescita", riflettendo sulle capacità del mondo di rispondere a delle esigenze sempre maggiori. S'introduce, in questo modo, il concetto di mondialità. Si inizia a discutere sul futuro del mondo, destinato alla fine (non molto lontana), se continuiamo a consumare così come stiamo facendo. Da quest'analisi, nasce la consapevolezza di essere un sistema planetario, non più un territorio definito da confini ben marcati e da un popolo con la stessa cultura, religione e stile di vita. Le risposte alla mondialità arrivano negli anni successivi, attraverso la definizione di tre nuovi concetti: globalizzazione, universalizzazione e mondializzazione. La globalizzazione è la risposta che i paesi ricchi "inviano" ai paesi poveri. L'Occidente, in questo modo, si rende conto che, sposando questa missione, può espandersi e conquistare nuovi mercati. Il consumo subisce una riorganizzazione, non solo al Nord. La produzione si sposta dal luogo di consumo. L'Occidente assume potere e controllo sul resto del mondo. Di fronte a questo scenario, inizia a formarsi un gruppo di persone che si accorge della negatività di questo fenomeno e degli effetti distruttivi nei confronti di altri paesi e del pianeta. Questi gruppi si uniscono dando vita alle Organizzazioni Non Governative, che cercano di contrastare il potere occidentale. In questo momento, siamo intorno agli anni '80, nasce ua nuova parola: universalizzazione, la quale racchiude in sè la risposta di tutto il terzo settore nei confronti dei danni che sta facendo la finanziarizzazione e il consumismo. Un'altra risposta, diversa da quella che propone la mondialità, è la mondializzazione. Ossia, tutte le comunità, o i vecchi stati nazionali, i quali, crescendo, impongono, al resto del mondo, nuove forme di gestione delle risorse.
In questo scenario, che ci porta fino a oggi, due scuole di pensiero si scontrano. La prima, afferma che la globalizzazione è una forma strutturale, dunque è fortemente legata al contesto territoriale di riferimento, ed è da lì che è necessario partire per capire a fondo la questione. La seconda, prevalente, afferma che la globalizzazione è un evento naturale, che si lega alle politiche neoliberiste messe in atto.

domenica 21 settembre 2008

Incontri viaggianti

Sabato 13 settembre. Ore 13:15. Intercity diretto Bologna-Napoli. Carrozza 10. 5 persone. 5 sconosciuti. Esattamente quando si dice: trovarsi al posto giusto nel momento giusto...e aggiungerei...con le persone "giuste"(per quel momento preciso).
La teoria sociologica della facilità e dell'immediatezza del dialogo e dell'apertura esperenziale di fronte a degli sconosciuti prende forma, e si applica in un attimo, perdurando fino alla fine di un viaggio passeggero.
La profondità di discorsi quotidiani e globali, e poi lontani e contemporanei, ha regalato l'opportunità di allontanarsi per qualche momento dalla relazione tra sconosciuti, per condurre in un mondo utopico con al centro il senso del bene comune, mutando quegli sconosciuti in elementi fondanti di una famiglia unita.
Sentirsi per un pò parte di quel mondo e di quella famiglia è stata un'esperienza ricca di insegnamenti e speranze. E' stato avvertire il preciso istante in cui la tua anima si svuota (secondo la cultura giapponese) per fare spazio ad una ricchezza nuova: la vita, il mondo, la memoria.
Inaspettatamente sorpresa ed estasiata di aver vissuto in un sogno.

lunedì 1 settembre 2008

Grazie Africa

Forse non tutti sanno che, o meglio molti ignorano che la prima forma di vita dell'essere umano è stata scoperta in Africa. Darwin, studiando l'essere umano e la sua evoluzione, ha raggiunto la conclusione che l'essere umano è nato in Africa. Tutti noi deriviamo da questa razza, che tanto ci spaventa e ci affascina insieme.
La città di Avellino, per la prima volta, ha incontrato il popolo africano ed, in particolare, quello senegalese, grazie alla lodevole opera di promozione della cultura africana dell'associazione Chiama l'Africa. Per la prima volta, la gente di Avellino si è fermata ad ascoltare la voce dell'Africa e a condividere con essa riflessioni e proposte riguardo le attuali condizioni del continente nero.

giovedì 21 agosto 2008

Persone


Domani, 22 agosto 2008, in piazza del poolo ad Avellino, avrà inizio il primo dei tre incontri di una manifestazione itinerante dedicata interamente alla conoscenza dell'Africa.
"Siamo in cento, uomini edonne. Veniamo da quel continente che dicono sopravviva a se stesso. Oppure che avrebbe dovuto dichiarare fallimento da molto tempo. Veniamo dall'Africa, da paesi diversi per lingua religione e cultura. Veniamo come persone. E come persone abbiamo bisogno di comunicare. Gli argomenti sarebbero tanti, ma uno ci preme più degli altri.Vogliamo dire che anche in Africa esiste una società che vuole superare i vecchi sistemi di potere. Una società civile, fatta di idraulici, muratori, dottori. E di molte donne. E molti studenti. E di impiegati, di commercianti, di imbianchini, di suonatori di tamburi. Persone che camminano lente, ma camminano. L'Africa non è solo l'arte della sopravvivenza, le baracche, le emergenze alimentari e sanitarie.E' anche questo. Anche. C'è poi un'Africa che ha voglia di conoscenza, di dignità, di lavoro. Cioè si organizza per ottenere dei risultati. E' quest'Africa che noi vogliamo rappresentare, quella che vuole essere padrona delle proprie risorse, quella che dice: progettiamo uno sviluppo diverso. Fatto di meno donatori e benefattori stranieri, fatto di più democrazia. Fatto di incentivi agli imprenditori, anche quelli dell'economia informale, perchè no?Fatto di meno appoggi internazionali a regimi corrotti. Fatto di una scuola per tutti. Fatto di meno multinazionali e più imprese con capitali locali. Fatto di un nuovo sistema di cooperazione decentrata. Fatto di più sostegno alle forze della nostra società civile. Che esiste ed agisce. E che vorrebbe veder riconosciuta la sua funzione. Noi non vogliamo parlare alle nuvole, non siamo visionari. Sappiamo i tanti problemi della trasformazione, li viviamo ogni giorno, e dunque non li sottovalutiamo. Però guardiamo al futuro, abbiamo la presunzione di pensare che il mondo, l'Europa in prima fila, capisca che è giunto il momento di cambiare programma d'azione. E, di conseguenza, promuovere concrete azioni di sviluppo dentro la società. Ad esempio contribuendo alla crescita di una nuova classe dirigente, oggi espressione di interessi particolari. Insomma: meno scatole di sardine e più scambi di culture, nella parità che il concetto originario esprime. Che, tra l'altro, agli africani, le sardine piaccino poco."

sabato 26 luglio 2008

Se la politica è cieca e sorda...

...noi usiamo i nostri occhi e le nostre orecchie!


Tra pochi giorni si apriranno a Pechino le Olimpiadi: il più grande evento sportivo planetario che riunirà atleti di tutti i paesi e catalizzerà l’attenzione di centinaia di milioni di persone di tutto il mondo. Per alcuni sarà un grande evento sportivo. Per altri sarà un grande affare. Per l’umanità è un grande momento di unità, una grande occasione d’incontro e di dialogo nel nome antico della pace e della Tregua Olimpica. Purtroppo, dopo roboanti dichiarazioni sui diritti umani e sul Tibet, con grande ipocrisia e cinismo, i governi e le imprese tacciono in nome delle proprie convenienze. Per questo motivo, Tavola della pace, c'invita ad appendere alla nostra finestra la bandiera dei diritti umani affinchè l'ipocrisia, il cinismo e l'indifferenza, non abbiano il sopravvento. Alziamo la voce contro tutte le guerre e le violazioni dei diritti umani. Sosteniamo tutti i bambini e le bambine, le donne, gli uomini e i popoli che ancora oggi sono privati dei loro fondamentali diritti. Sosteniamo la lotta nonviolenta del popolo tibetano. Sosteniamo i difensori dei diritti umani che, in Cina e in tante altre parti del mondo, vengono perseguitati a causa del loro impegno civile. Chiediamo alla Rai e a tutto il mondo dell’informazione di dare voce ai diritti umani e a chi lavora per la loro realizzazione. Chiediamo al governo di rispettare, promuovere e difendere i diritti umani a casa nostra e nel resto del mondo. Costruiamo un mondo migliore, più giusto e solidale.

La bandiera si può richiedere alla Tavola della pace: email mailto:mpace@krenet.it - http://www.perlapace.it/ - Fax 075/5739337 - Tel. 075/5736890. Appendi alla tua finestra la bandiera dei diritti umani. Scatta una foto e inviala all’indirizzo: redazione@perlapace.it

giovedì 24 luglio 2008

Borsellino,scusaci!

Alla commemorazione del sedicesimo anno dalla morte di Paolo Borsellino, in via d'amelio, in prima fila a ricordarlo, c'era proprio lui, il presidente del Senato Schifani. Colui che trent’anni prima di sedere sul più alto scranno del Parlamento, sedeva nella Sicula Brokers, una società di brokeraggio fondata con Cosa Nostra. I soci erano cinque: oltre a Schifani, l’avvocato Nino Mandalà (futuro boss di Villabate, fedelissimo di Provenzano); Benny D’Agostino (costruttore amico del boss Michele Greco, re degli appalti mafiosi, poi condannato per concorso esterno); Giuseppe Lombardo (amministratore delle società dei cugini Nino e Ignazio Salvo, esattori mafiosi e andreottiani di Salemi arrestati da Falcone e Borsellino nel 1984). Completa il quadro Enrico La Loggia, futuro ministro forzista. Nei primi anni 80, Schifani e La Loggia sono ospiti d’onore al matrimonio del boss Mandalà. All’epoca, sono tutti e tre nella Dc. Poi, nel 1994, Mandalà fonda uno dei primi club azzurri a Palermo, seguito a ruota da Schifani e La Loggia. Il boss, a Villabate, fa il bello e il cattivo tempo. Il sindaco Giuseppe Navetta è suo parente: infatti, su richiesta di La Loggia, Schifani diventa “consulente urbanistico” del Comune perché - dirà La Loggia ai pm antimafia - aveva “perso molto tempo” col partito e aveva “avuto dei mancati guadagni”. Il pentito Francesco Campanella, braccio destro di Mandalà e Provenzano, all’epoca presidente del consiglio comunale di Villabate in quota Udeur, aggiunge: “Le 4 varianti al piano regolatore furono tutte concordate con Schifani”. Poi si fece il piano regolatore generale…un grande affare per la famiglia mafiosa di Villabate. Mandalà organizzò tutto in prima persona. Mi disse che aveva fatto una riunione con Schifani e La Loggia e aveva trovato un accordo: i due segnalavano il progettista del Prg, incassando anche una parcella di un certo rilievo. L’accordo che Mandalà aveva definito coi suoi amici Schifani e La Loggia era di manipolare il Prg, affinché tutte le sue istanze - variare i terreni dove c’erano gli affari in corso e penalizzare quelli della famiglia mafiosa avversaria - fossero prese in considerazione dal progettista e da Schifani. Il che avvenne: cominciò la stesura del Prg e io partecipai a tutte le riunioni con Schifani” e “a quelle della famiglia mafiosa, in cui Schifani non c’era”.
Oggi, dopo gli accordi sottobanco con Mandalà (dimosrati da intercettazioni) e la scomparsa del comune per infiltrazioni mafiose, Schifani, dal 1996 in Senato, parla d dialogo e di antimafia.
E proprio oggi, dopo 16 anni dalla tua morte, mi sento di chiederti scusa!

lunedì 7 luglio 2008

Ecco le nostre impronte


Domenica 6 luglio 2008, nella villa comunale di avellino, abbiamo avuto la possibilità di riflettere sulla proposta del ministro Maroni di prendere le impronte digitali ai bambini rom. Il censimento di una minoranza etnica in nome della sicurezza è un alibi per allontanare, discriminare e mettere in atto una politica di repressione. La storia ci ha insegnato che censire una minoranza è il miglior modo per condurla alla ghettizzazione, selezione ed infine allo sterminio. E' piuttosto semplice colpire le fasce deboli della società accusandole della creazione di un clima generale di paura piuttosto che partire dalla definizione di sicurezza come accoglienza, scuola, sanità, lavoro sicuro, strade pulite, diritti per tutti. Le impronte dei bambini rom sono il risultato di una fabbrica della paura che vede coinvolti tutti: istituzioni, partiti, informazione manipolata e i silenzi che cadono del compromesso.


Dopo l'ordinanza del comune di firenze contro i lavavetri e gli accattoni, gli sgomberi dei campi rom a roma e milano, il divieto di accattonaggio ad assisi, i campi rom in fiamme a napoli, la formazione di ronde cittadine e la tolleranza zero, l'introduzione del reato di clandestinità, la militarizzazione nelle nostre città...abbiamo deciso di dire no al razzismo. Durante la mattinata, un gruppo di amici dei rom e dei sinti, hanno raccolto le impronte digitali di chi ha partecipato al sit in: "siamo tutti rom" perchè siamo tutti "cittadini del mondo".

sabato 5 luglio 2008

Legge vergogna


Il Consiglio dei Ministri ha approvato all'unanimità il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche. Il provvedimento vieta le intercettazioni per reati, le cui pene sono inferiori a 10 anni. È inoltre prevista una deroga per i reati contro la pubblica amministrazione e le intercettazioni da parte della magistratura non potranno durare più di 3 mesi e dovranno essere decise da un tribunale, non da un singolo soggetto. Infine nel ddl sono previste pene fino a 5 anni per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni.
Una giustizia fai da te: dopo rogatorie, falso in bilancio e legittimo sospetto, arrivano il patteggiamento allargato, l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e le immunità parlamentari. Una norma fatta su misura per alcuni personaggi: Marcello Dell’Utri, Cesare Previti e soprattutto Silvio Berlusconi.
Le leggi su misura, come sappiamo, non sono una novità: negli ultimi mesi rogatorie, falso in bilancio, legittimo sospetto ci hanno aperto un mondo. Ma erano sempre presentate come leggi buone e giuste per tutti, che poi casualmente risolvevano anche qualche problemino a un pugno di imputati eccellenti.
Che cosa prevede, infatti, la norma già approvata dalla Camera sull’immunità parlamentare? Il Parlamento dovrà votare se concedere o no l’autorizzazione all’uso, nei processi, di intercettazioni e tabulati raccolti in precedenza e che convolgono, indirettamente, un deputato o un senatore (indirettamente: perché nei confronti di parlamentari le intercettazioni dirette sono vietate). Se il Parlamento dirà no, la documentazione dovrà essere distrutta, salvando così anche l’eventuale mafioso (regolarmente intercettato) che sia stato sorpreso a parlare con un parlamentare. Ma non occorrerà neppure il voto negativo dell’Assemblea parlamentare: basterà tirare in lungo, non votare la richiesta dei magistrati, poiché le nuove norme non prevedono termini di tempo.
Tutto perchè al potere non piace che la gente sappia troppo. Allora è meglio che la gente non sappia nulla, che rimanga disinformata, che conosca i fatti raccontati da editori e testate giornalistiche compiacenti, asservite al potere politico. Cosa accadrà, allora, all'informazione? Semplicemente scomparirà. Come è accaduto e accade nei regimi militari. Ecco che ancora una volta il Cavaliere salva capra e cavoli, come si suol dire.
Il più grande cliché nella politica è che le nazioni ottengono i leader che meritano. Ma certamente l’Italia e l’Europa meritano qualcosa di meglio di Silvio Berlusconi e dei suoi scagnozzi.

venerdì 27 giugno 2008

Quando la quotidianità è mafia


Ripensavo agli abitanti di Calcata. Alle loro riflessioni riguardo al sud, alla campania. Alla camorra. Alle mafie. E poi leggevo un articolo di questo mese su altreconomia: "La nostra mafia quotidiana". L'hanno capito bene a Calcata: le mafie non appartengono solo alla campania o esclusivamente al sud dell'italia. "Tutti gli italiani dovrebbero unirsi in una grande manifestazione a Roma, sotto il parlamento, e dire NO alle mafie, insieme!", è stata una delle proposte di un simpatico uomo che non vedeva l'ora di esprimersi. Le mafie sono un fenomeno quotidiano, perchè hanno il controllo di tutte le nostre città: i night club, il fruttivendolo, i supermercati, le case popolari, i negozi di abbigliamento, i mobilifici, le sale da gioco, i bar.
E' facile diventare clienti o inquilini delle mafie, anzi, a volte non c'è scelta. Ed è attraverso questa quotidianità che "legalizzano" i propri traffici di cocaina: il carburante della vita notturna di centinaia di migliaia di persone in tutto il nord, dal piemonte al veneto.
La Direzione investigativa antimafia (DIA) dà un'idea della potenza economica raggiunta dalle mafie attraverso il numero di immobili confiscati negli ultimi sei mesi del 2007 (http://www.libera.it/) che dimostrano la loro presenza "fisica" in ciascuna regione d'italia. La lombardia è al quinto posto - dopo sicilia, campania, calabria e puglia - con 570 immobili. Seguono il piemonte con 105, il veneto con 77, l'emilia romagna con 56, la liguria con 26, il trentino alto adige con 15, il friuli venezia giulia con 11.

giovedì 26 giugno 2008

Rifiuti da bruciare?


DIETRO AI NUOVI TERMOVALORIZZATORI CAMPANI SI NASCONDE ANCHE IL GIALLO DELLE PERCENTUALI DI RIFIUTI DA BRUCIARE.
E' chiaro che senza le dovute garanzie politiche degli aiuti economici, quali i CIP6, ai nuovi inceneritori campani, tra cui l’ipotetico termovalorizzatore di Salerno, non ci fosse stato nessuna intenzionalità a bruciare i rifiuti. Ma ciò che ora suscita non pochi sospetti sono le reali percentuali di rifiuti che si vuole inviare alla combustione. La favoletta dei termovalorizzatori che risolvono tutti i nostri problemi tra cui l’emergenza rifiuti in Campania senza alcun costo per l’ambiente e per le tasche dei cittadini non incanta più nessuno, neppure chi li costruisce e li gestisce. Le tecniche alternative allo smaltimento che prevede la combustione dei rifiuti urbani attraverso i termovalorizzatori, ci sono. Prediligere una politica di riduzione a monte di rifiuti ed imballaggi seguita da una raccolta differenziata collegata ad una seria rete di filiere del recupero, del riciclaggio e della rivalorizzazione della materia quale ad esempio gli impianti di compostaggio.
Ora, l'allarme non sono solo i CIP6, ma le reali quantità di rifiuti campani che si vorrebbero incenerire e quindi, di fatto, sottrarre alle filiere della raccolta differenziata.
La produzione di rifiuti urbani nella sola Provincia di Salerno è all’incirca di 470.000 tonnellate all’anno (fonti APAT), così come previsto dal D.lgs 152/06, con il 45% di raccolta differenziata da raggiungere entro il 31.12.2008, da smaltire resterebbero solo 258.066 tonnelate all' anno, con il 65% entro il 31.12.2012, da smaltire resterebbero solo 164.224 tonnelate all' anno.
Ma nel bando di gara per l’affidamento in concessione della progettazione, realizzazione e gestione dell’impianto di termodistruzione dei rifiuti solidi urbani da realizzare a Salerno (RSU e RSA) si parla di potenzialità non inferiori alla totalità dei quantitativi di rifiuti prodotti nella Provincia di Salerno (450.000-500.000 T/A).
Quindi in sostanza si vuole prevedere di incenerire l’intera produzione di rifiuti pregiudicando completamenti il contributo positivo che la raccolta differenziata può dare.
L’oltre 80% dei rifiuti campani è costituito da materiale riciclabile: è il risultato dell’analisi merceologica dei rifiuti condotta dagli stessi tecnici del Commissariato di Governo delegato al superamento dell’emergenza rifiuti in Campania.

lunedì 23 giugno 2008

Essere e Fare il sociologo

La maggior parte delle persone, anche tra quelle più informate ed erudite, pensa che il mestiere di sociologo sia tra i più semplici, tra i meno rischiosi e tra i meno utili al fine di una risoluzione di una problematica. La realtà è ben diversa. Il sociologo è un mestiere mutevole ed in continua evoluzione come la società che si propone di studiare e capire. E' un ruolo preda della velocità del tempo in cui opera. Il mondo cambia in un modo così veloce che costringe, non solo al continuo aggiornamento, ma soprattutto alla continua modifica dei paradigmi di lettura della società. Il sociologo deve imparare a cogliere il cambiamento che lo circonda e, in questo modo, intervenire sulla costruzione di una società migliore.
Un convegno nazionale dedicato all'incontro, allo scontro e all'ascolto di chi ha scelto questo mestiere. Tanti sono stati i contributi offerti nell'arco della sessione di lavoro, e tante le proposte da cogliere per valorizzare questa figura e per costruire una nuova visione del mondo.

domenica 8 giugno 2008

L'Italia che ha...


L’Italia ha paura degli stranieri e gli italiani dei rom.
L’Italia ha paura per la sicurezza dei suoi cittadini, puntando il dito contro non in base a chi sei, ma da dove provieni. L’eccezione è solo la badante. Le badanti che curano gli anziani d’Italia, gli operai e i muratori morti sul lavoro costruendo le case d’Italia, i lavoratori stagionali che portano la frutta e la verdura sulle tavole d’Italia non esistono; loro rappresentano solo le piccole singole eccezioni che ogni italiano ammette tra sé, ma non ha il coraggio di affermarlo in pubblico. L’Italia dimentica che l’Europa ha già vissuto gli effetti devastanti del trend xenofobico e dell’atteggiamento discriminatorio mirato contro gruppi distinti dall’origine / etnia / nazionalità. Diventa superfluo continuare a ricordare i trattamenti discriminanti che gli italiani hanno avuto nel mondo e gli stereotipi che ancora continuano ad essere innescati dalla semplice parola “italiano”. Nell’anno del 60esimo anniversario della Carta dei Diritti dell’Uomo, un paese europeo occidentale come il nostro, si avvia verso la messa in pratica di un pacchetto di leggi razziali che comprendono il reato di immigrazione clandestina, la trasformazione dei Centri di Prima Accoglienza in carceri, l’adeguamento di tutte le leggi europee in materia per discriminare un popolo in particolare, la chiusura delle frontiere in base a criteri etnici e nazionali, e l’obbligatorietà del reddito per l’ottenimento del permesso di soggiorno. Tutte queste misure, ma soprattutto la chiusura delle frontiere e l’obbligo del reddito, non fanno altro che colpire la gente onesta e lavoratrice ed incentivare la creazione di una fascia di clandestinità che vivrà nell’ombra e nel terrore della prigione “di prima accoglienza”.
L’Occidente ha fatto una lunga strada dal periodo Illuminista fino ad oggi, passando per il diritto americano di ricerca della felicità, per la Rivoluzione Francese, per il sogno di una Unione Europea, tutto per arrivare a dimenticare gli orrori delle guerre mondiali e, in modo superficialmente democratico e, paradossalmente, in conformità con le normative europee, ritornare al buio della rimozione delle persone “indesiderabili”. La piega sensazionalistica che l’Italia ha saputo dare alla fobia sulla sicurezza ha nascosto, sotto un polverone di panico sociale, tutti i veri problemi che la società italiana dovrebbe affrontare per poter dar le giuste risposte ai problemi che la tormentano: industria traballante, stipendi bloccati ai minimi europei, potere d’acquisto spostato dai negozi ai mercatini di quartiere, servizi pubblici nelle mani della mafia e tutte le soluzioni nelle mani degli stessi politici che nel frattempo non hanno fatto altro che arricchire le proprie fedine penali. L’Italia vuole pulire il paese dagli stranieri ''sgradevoli'', scartando tutti quelli che non desidera. Ma, quando tutte le mani si saranno giocate, gli stranieri che l’Italia gradirebbe, desidereranno ancora vivere nell’Italia degli italiani?

domenica 1 giugno 2008

La Fiera delle verità



Questa sala si è riempita sabato 31 maggio dalle ore 10 alle 19 di verità...le diverse verità sul mondo che ci circonda...l'economia e la finanza, la politica, le stanze del potere lontane dalla vita cittadina, le strategie del profitto per un'elite ristretta, le condizioni di vita della popolazione mondiale, il potere delle multinazionali e delle banche.
Viviamo in un mondo in cui chi governa considera importante solo ed esclusivamente la propria versione dei fatti e manipola le informazioni per ingannare gli esseri umani e tenerli in un costante stato di schiavitù.
La 14esima Fiera delle verità ha avuto il suo inizio con un documentario, Zeitgeist. E' necessario e importante guardarlo con attenzione per arrivare ad essere dei cittadini consapevoli riguardo a coloro che ci governano e ci usano per raggiungere il loro piano di dominio e controllo sul mondo.
http://video.google.it/videoplay?docid=4684006660448941414&hl=it
Un ambiente di menti con la voglia smisurata di imparare e di capire ma soprattutto di cambiare le sorti terribili del mondo. Costruire una società dell'uomo e smascherare le strategie dei potenti che nel corso della storia si ripetono sistematicamente.

venerdì 30 maggio 2008

Libertà al Tibet

Il Tibet, come tutta la Cina continentale, è strettamente governato dal Partito Comunista Cinese strettamente subordinato al Governo che ne porta a compimento le direttive. Nella sola Lhasa sono attivi oltre sessanta tra Dipartimenti e Comitati molti dei quali lavorano in stretto contatto con i rispettivi uffici nazionali a Pechino. L’autonomia della Regione è del tutto inesistente. La massima carica del paese, quella di Segretario del Partito, non è mai stata ricoperta da un tibetano. Il Partito Comunista mantiene in Tibet un contingente militare di 250.000 uomini. Soldati e poliziotti controllano le vie di ogni centro urbano. A partire dalla seconda metà degli anni ’90, il Partito ha curato l’organizzazione di quadri fedeli alle sue direttive, destinati a controllare il territorio tibetano, comprese le aree rurali, allo scopo di sradicare alla base ogni forma di separatismo e di eliminare ogni manifestazione di sostegno al Dalai Lama e al Governo Tibetano in Esilio. Il Congresso Nazionale del Popolo, riunito a Pechino nel marzo 2003 per la nomina della nuova dirigenza cinese, ha premiato con incarichi importanti alcuni leader di spicco che, nella passata legislatura, hanno svolto ruoli di primo piano in Tibet. E’ il caso di Zhou Yonkang, capo della Provincia del Sichuan all’epoca dell’arresto e della condanna a morte di Lobsang Dondhup e Tenzin Delek, ora assunto alla carica di Ministro della Pubblica Sicurezza, e di Chen Kuiyuan, ex segretario del Partito nella Regione Autonoma Tibetana negli anni ’90. Chen, sostenitore della “linea dura” è stato eletto membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese di cui figura tra i 24 vice presidenti. Queste “promozioni” sembrerebbero indicare la determinazione del Partito e del governo di Pechino a mantenere il Tibet in una stretta morsa assicurando la continuità della linea politica. Anche il cambio della guardia ai vertici della Regione Autonoma Tibetana sembra avvalorare questa tendenza. Alla carica di nuovo Presidente del Tibet, al posto di Legchok, è stato eletto Jampa Phuntsog, ex vice segretario del Partito e ora chiamato a svolgere un ruolo di governo. Legchok ha sostituito alla presidenza del Comitato Nazionale del Congresso del Popolo (la più alta carica della TAR) il tibetano Ragdi, trasferito a Pechino dopo 18 anni di servizio nella Regione Autonoma. Segretario del Partito è un cinese, Yang Chuantang, che ha sostituito Guo Jinlong, eletto al prestigioso incarico nel 2000 al posto del “duro” Chen Kuiyang. Nessun tibetano è mai stato eletto segretario del Partito, ruolo che, di fatto, garantisce la gestione del potere.

In Tibet, oggi è continuo l’afflusso dei coloni cinesi che hanno ormai ridotto i tibetani ad una minoranza all’interno del loro paese, con una presenza di sette milioni e mezzo di coloni han contro sei milioni di tibetani. Le attività religiose e la libertà di culto sono fortemente ostacolate, proseguono gli arresti e le detenzioni arbitrarie e i detenuti sono percossi e torturati. Il “miracolo economico” cinese non reca alcun concreto vantaggio ai tibetani che sono progressivamente emarginati dal punto di vista sia economico sia sociale. Le stesse grandiose infrastrutture (gasdotti, ferrovie, aeroporti), volute dal governo di Pechino, non sono di beneficio alla popolazione tibetana: favorendo, di fatto, l’afflusso di nuovi coloni, costituiscono un’ulteriore minaccia alla cultura e alle tradizioni peculiari del paese oltre a comprometterne seriamente l’equilibrio ambientale. Nonostante gli stretti controlli esercitati dalla polizia e dall’esercito, pacifiche dimostrazioni si susseguono sia all’interno della Regione Autonoma Tibetana, in particolare a Lhasa, sia nelle altre Regioni (Kham e Amdo). Le autorità cinesi rispondono inasprendo imposizioni e divieti. Fonti attendibili hanno riferito che i giorni 11 e 12 novembre 2003, speciali “gruppi di lavoro” composti di funzionari governativi si sono recati nei villaggi e hanno intimato alla popolazione tibetana delle contee di Kardze e Lithang (Sichuan), composta prevalentemente da contadini, di consegnare tutte le fotografie del Dalai Lama entro un mese, pena la confisca della terra. Il 21 novembre, il governo tibetano in esilio ha definito questa misura “provocatoria” e ha accusato la Cina di volere deliberatamente esasperare la popolazione tibetana del Sichuan per poter pretestuosamente intervenire con la forza. Dal 2001, la provincia del Sichuan, che in passato aveva goduto di una relativa libertà di culto, è divenuta uno dei punti focali della campagna contro il Dalai Lama e la religione. Tra le personalità di grande spicco oggetto della repressione cinese figurano Geshe Sonam Phuntsok (che attualmente sta scontando una pena detentiva di cinque anni). Il gruppo d’informazione Tibet Information Network ha reso noto che il 29 agosto 2003 sei monaci residenti nella Contea di Kakhog, Prefettura di Ngaba, (Amdo) sono stati arrestati e condannati a pene detentive varianti da uno a dodici anni per aver distribuito volantini inneggianti all’indipendenza del Tibet. Dopo l’arresto dei religiosi, avvenuto nel corso dell’annuale “Yak Festival”, il personale dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza ha fatto irruzione nella stanza di uno dei monaci ed ha confiscato numerose fotografie del Dalai Lama e una bandiera tibetana. Anche nella Regione Autonoma continuano tuttavia gli arresti e le violenze. Il 2 dicembre 2004 si è appreso che Yeshe Gyatso, un tibetano di settantadue anni, ex funzionario governativo, arrestato a Lhasa nel giugno 2003 assieme a due studenti universitari, è stato condannato a sei anni di carcere.Il 16 dicembre 2004, TibetNet ha diffuso la notizia della morte di Tenzin Phuntsok, sessantaquattro anni, arrestato il 21 febbraio 2003 perché sospettato di coinvolgimento in attività politiche “sospette”. I tibetani di Khangmar, suo paese natale, ritengono che Phuntsok, in ottima salute prima dell’arresto, sia morto in seguito alle torture subite durante gli interrogatori presso il centro detentivo di Nyari. Lascia la moglie e undici figli.

domenica 25 maggio 2008

Gomorra

Gomorra è un termine che deriva dall’ ebraico: עֲמוֹרָה, cioè Amora, la quale rappresenta una delle "cinque città della pianura" (la più nota delle quali è Sodoma) distrutte da Dio, secondo la narrazione della Bibbia, per la corruzione dei loro abitanti. La sua distruzione è narrata in Genesi 19. Secondo il testo biblico era situata nei pressi del Mar Morto. Tradizionalmente la distruzione di Gomorra è stata attribuita allo stesso peccato che aveva causato la distruzione di Sodoma, quindi il nome di Gomorra nella letteratura antica è sempre citato o in associazione con il nome di Sodoma ("Sodoma e Gomorra"), o per sostituirlo. Spesso Gomorra viene usato come sinonimo di corruzione e decadimento morale e umano.

Dopo il romanzo di Roberto Saviano, Matteo Garrone prova a riprodurre la realtà delle Vele di Secondigliano e la vita a Casal di Principe, entrambe sotto il dominio camorristico. Meno coinvolgente e provocatorio del romanzo, il film, con una narrazione tutt’altro che lineare, si ferma all’osservazione e alla conoscenza del sistema camorristico. Il punto di vista resta quello esterno, da parte di chi guarda le cose da una zona libera, pulita, senza esserne coinvolto davvero. Il romanzo, diversamente, è coraggioso. E’ temerario e pronto ad alzare la testa e guardare in faccia Francesco Schiavone o Salvatore Giuliano.
Il film non lascia una soluzione, perché non c’è. E’ un messaggio di completa impotenza nei confronti de ‘o sistema. Si parla di una criminalità internazionale presente e difficile da cambiare. Non esiste diagnosi di recupero. Non è ancora stato inventato un vaccino sicuro per queste terre campane. In questo barlume di impotenza, forse restano solo due le immagini che restituiscono una speranza per un cambiamento possibile. Il sopraffino sarto Pasquale che smette di mettere la sua arte al servizio del lavoro nero finanziato dai clan e destinato all´alta moda mondiale del "made in Italy". E il neolaureato Roberto che si ribella al datore di lavoro, che tratta rifiuti tossici per conto di rispettabilissimi interlocutori del nord Italia.


Aldilà dello spettacolo cinematografico, le immagini del traffico di rifiuti tossici da seppellire nelle cave abusive del napoletano, i depositi di armi nascosti insieme alle bufale del casertano, gli adolescenti che imparano a diventare uomini alla scuola delle armi e aspirano ad essere affiliati ai clan per avere la moto e i vestiti buoni, le donne-imprenditrici che gestiscono i soldi…chiamano ad un attento esame di coscienza.
‘O sistema è un’ azienda che produce potere e ricchezza, violenza e controllo capillare, i quali costituiscono l’architettura di questo enorme fenomeno dove lecito e illecito non hanno confine, dove principi giuridici, leggi, stato di diritto non esistono.Gli stessi imprenditori che operano nella “legalità” hanno bisogno di manodopera a costo quasi zero procurata dal ‘O sistema e non potrebbero perciò vivere senza di esso. L’illegale sta alla base di ciò che appare legale.

venerdì 23 maggio 2008

23 Maggio 1992

Queste le parole di Giovanni Brusca, il mafioso che ha ucciso Giovanni Falcone e tutta la sua scorta il 23 maggio 1992 a Capaci: "Ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la mia prima volta: avevo già adoperato l’auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento. Ho strangolato parecchie persone. Ho sciolto i cadaveri nell’acido muriatico. E, prima di farlo, molti li ho carbonizzati su graticole costruite apposta".
Brusca ha messo queste cose a verbale e nel 1999 le ha pure raccontate al collega Saverio Lodato. "Non ho mai avuto modo di conoscere il dottor Falcone. Il mio risentimento nei suoi confronti era identico a quello di tutti gli affiliati a Cosa Nostra: era il primo magistrato, dopo Rocco Chinnici, che era riuscito a metterci seriamente in difficoltà, quella che aveva inaugurato la pagina del pentitismo, che aveva istruito, anche se non da solo, il primo «maxi processo» contro di noi. Era riuscito a entrare dentro Cosa Nostra, sia perché ne capiva le logiche, sia perché aveva trovato le chiavi giuste. Lo odiavamo, lo abbiamo sempre odiato".
"Prendemmo la decisione iniziale di uccidere Falcone, per la prima volta, alla fine del 1982", racconta Brusca. "Non tramontò mai il progetto di uccidere Falcone, di eliminare lui e tutti i nostri avversari: quelli che ci avevano tradito, quelli che erano stati amici e ci erano diventati nemici, e mi riferisco agli uomini politici che spesso si trinceravano dietro lo scudo dell’antimafia per rifarsi una verginità. Per esempio quelli che ormai realizzavano tutto ciò che chiedeva Falcone: le sue leggi, i suoi provvedimenti, le sue misure restrittive. Giulio Andreotti per ripulire la sua immagine ci provocò danni immensi: Salvo Lima e Ignazio Salvo sono stati uccisi per questo".
Oggi Giovanni Falcone è vivo perchè cammina sulle nostre gambe. Con la sua morte la mafia si è ingannata da sola, perchè ha dimostrato che ciò che diceva era vero. E continua ad essere vero.
"Nel periodo precedente all’attentato si doveva fare il nuovo presidente della Repubblica e si parlava di Andreotti come uno dei candidati più forti. Noi volevamo che l’attentato avvenise prima della nomina, in modo che il senatore non venisse eletto.Tanto che Riina disse: «Glielo faccio fare io il presidente della Repubblica…». Noi pensavamo:«A cu fannu, fannu, a noi non ci interessa. Basta che non è Andreotti». E così accade. Anche un bambino capisce che in quel periodo, con le voci che giravano su Andreotti, con la strage di Falcone, lui era spacciato. Completamente tagliato fuori".


Parlamento Pulito?!

Nella nuova legislatura, fra conferme, bocciature e new entry, abbiamo mantenuto la quota di 25 condannati definitivi (dello scorso governo), più 57 esponenti delle altre categorie penali: totale 82, ai quali vanno aggiunti i politici che prendevano soldi da Parmalat e che­ incredibilmente non sono stati chiamati a risponderne (salvo un paio di eccezioni). Il che significa che, su 900 e rotti parlamentari, una novantina ha seri problemi con la legge. Uno su dieci. E la percentuale del 10 per cento è decisamente eccessiva anche per le aree più disagiate del paese.
Ogni anno la Corte dei conti segnala la presenza, nelle amministrazioni dei vari ministeri, di centinaia di condannati (non solo per reati contro la Pubblica amministrazione, ma anche per violenza sessuale e per pedofilia) e non c’è verso di mandarli a casa. Idem per il Parlamento: chi corrompe i giudici o aiuta la mafia o incassa tangenti a tutto spiano e poi (ma anche prima) ha l’accortezza di rifugiarsi in una delle due Camere, diventa intoccabile. La legge proibisce ai condannati a pene complessivamente superiori a 2 anni per delitti contro la Pubblica amministrazione di candidarsi nei consigli comunali, provinciali e regionali; e prevede la sospensione degli eletti nei tre enti locali in caso di condanna al primo grado, e la loro decadenza in caso di condanna passata in giudicato. La regola, però, non vale per i parlamentari, per i ministri, per i presidenti del Consiglio. Una strana dimenticanza che ha una sola spiegazione: le leggi non le fanno i consigli comunali, provinciali e regionali. Le fa il Parlamento. Così i condannati che non possono più metter piede negli enti locali trasmigrano alla Camera, al Senato, al Governo e all’Europarlamento. Lì si può tutto. Non si butta via niente.
Dove sono i pregiudicati:
Camera
: 49 Senato: 26 Parlamento europeo: 7
Categorie penali
Condannati definitivi (o patteggiamenti) 25
Prescritti definitivi 10
Assolti per legge 1
Prosciolti per immunità 1
Condannati in I grado 8
Imputati in I grado 17
Imputati in udienza preliminare 1
Indagati in fase preliminare 19
Totale 82
L’hit parade dei partiti
Forza Italia 29 Alleanza nazionale 14 Udc 10 Lega Nord 8 Movimento per l'autonomia 1 Dc 1 Psi 1 Gruppo misto 1
Totale Destra 65
Margherita 6 Ds 6 Udeur 2 Rifondazione comunista 2 Rosa nel pugno 1
Totale Sinistra 17
La classifica dei reati
Corruzione 18, Finanziamento illecito 16, Truffa 10, Abuso d’ufficio e falso 9, Associazione mafiosa 8, Bancarotta fraudolenta e turbativa d’asta 7, Associazione a delinquere e resistenza a pubblico ufficiale e falso in bilancio 6, Attentato alla Costituzione e attentato all’unità dello Stato e struttura paramilitare fuorilegge 5, Favoreggiamento e concussione e frode fiscale 4, Diffamazione e abuso edilizio e lesioni personali 3, Banda armata e corruzione giudiziaria e peculato e estorsione e rivelazione di segreti 2, Omicidio e associazione sovversiva e istigazione a delinquere e favoreggiamento mafioso e aggiotaggio e percosse e violenza a corpo politico e incendio aggravato e calunnia e falsa testimonianza e voto di scambio e appropriazione indebita e violazione della privacy e oltraggio e fabbricazione di esplosivi e violazione diritti d’autore e frode in pubblico concorso e adulterazione di vini 1
VENTICINQUE PARLAMENTARI ITALIANI CHE HANNO SUBITO UNA CONDANNA DEFINITIVA:
1. Berruti Massimo Maria (FI): favoreggiamento. 2. Biondi Alfredo (FI): evasione fiscale (reato poi depenalizzato). 3. Bonsignore Vito (Udc): corruzione. 4. Borghezio Mario (Lega Nord): incendio aggravato. 5. Bossi Umberto (Lega Nord): finanziamento illecito e istigazione a delinquere. 6. Cantoni Giampiero (FI): corruzione e bancarotta. 7. Carra Enzo (Margherita): falsa testimonianza. 8. De Angelis Marcello (An): banda armata e associazione sovversiva. 9. D’Elia Sergio (Rosa nel pugno): banda armata e concorso in omicidio. 10. Dell’Utri Marcello (FI): false fatture, falso in bilancio e frode fiscale. 11. Del Pennino Antonio (FI): finanziamento illecito. 12. De Michelis Gianni (Psi): corruzione e finanziamento illecito. 13. Farina Daniele (Prc): fabbricazione, detenzione e porto abusivo di ordigni esplosivi, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e inosservanza degli ordini dell’autorità. 14. Jannuzzi Lino (FI): diffamazione aggravata. 15. La Malfa Giorgio (FI): finanziamento illecito. 16. Maroni Roberto (Lega Nord): resistenza a pubblico ufficiale. 17. Mauro Giovanni (FI): diffamazione aggravata. 18. Nania Domenico (An): lesioni volontarie personali. 19. Patriciello Aldo (Udc): finanziamento illecito. 20. Pomicino Paolo Cirino (Dc): corruzione e finanziamento illecito. 21. Previti Cesare (FI): corruzione giudiziaria. 22. Sterpa Egidio (FI): finanziamento illecito. 23. Tomassini Antonio (FI): falso in atto pubblico. 24. Visco Vincenzo (Ds): abuso edilizio. 25. Vito Alfredo (FI): corruzione.

giovedì 22 maggio 2008

L'Italia che (non) ci rappresenta

Presidente del Consiglio: Silvio Berlusconi
Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio: Gianni Letta Paolo Bonaiuti (Editoria) Gianfranco Miccichè (CIPE) Carlo Giovanardi (Famiglia, Droga, Servizio civile) Michela Vittoria Brambilla (Turismo) Aldo Bran cher (Federalismo) Rocco Crimi (Sport) Maurizio Balocchi (Semplificazione normativa)

Ministri con portafoglio
1.Affari Esteri Franco Frattini
Sottosegretari: Stefania Gabriella Anastasia Craxi, Alfredo Mantica, Enzo Scotti
2.Interno Roberto Maroni Sottosegretari: Michelino Davico, Alfredo Mantovano, Nitto Francesco Palma
3.Giustizia Angelino Alfano Sottosegretari: Maria Elisabetta Alberti Casellati, Giacomo Caliendo
4.Economia e Finanze Giulio Tremonti Sottosegretari: Alberto Giorgetti, Daniele Molgora, Nicola Cosentino, Luigi Casero, Giuseppe Vegas
5.Sviluppo Economico Claudio Scajola Sottosegretari:Ugo Martinat, Paolo Romani, Adolfo Urso
6.Istruzione Università e Ricerca Mariastella Gelmini Sottosegretari: Giuseppe Pizza
7.Lavoro Salute e Politiche sociali Maurizio Sacconi Sottosegretari: Pasquale Viespoli, Ferruccio Fazio, Francesca Martini, Eugenia Maria Roccella
8.Difesa Ignazio La Russa Sottosegretari: Giuseppe Cossiga, Guido Crosetto
9.Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Luca Zaia Sottosegretari: Antonio Bonfiglio
10.Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo Sottosegretari: Roberto Menia
11.Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli Sottosegretari: Roberto Castelli, Bartolomeo Giachino, Mario Mantovani, Giuseppe Maria Reina
12.Beni e Attività Culturali Sandro Bondi Sottosegretari: Francesco Maria Giro
Ministri senza portafoglio
Rapporti con le Regioni
Raffaele Fitto
Attuazione del Programma Gianfranco Rotondi
Pubblica amministrazione e l'Innovazione Renato Brunetta
Pari opportunità Mara Carfagna
Politiche Comunitarie Andrea Ronchi
Rapporti con il Parlamento Elio Vito
Riforme per il Federalismo Umberto Bossi
Politiche per i Giovani Giorgia Meloni
Semplificazione Normativa Roberto Calderoli

sabato 17 maggio 2008

La Terra dei Rifiuti



Napoli, venerdì 16 maggio, vico Monte della pietà, Facoltà di Sociologia.

Il gruppo di studenti della facoltà di sociologia della Federico II, unito nel movimento SOCIOLOGIAinMOVIMENTO, ha fortemente voluto ed infine realizzato una giornata di studio e di lavoro sul tema dei rifiuti in Campania e a Napoli nello specifico.
Il dibattito si è svolto con interventi che hanno mostrato i diversi punti di vista del tema in questione: lo studio e la ricerca della docente-storica Gabriella Gribaudi (vi consiglio di leggere il suo articolo su http://ambienti.wordpress.com/2008/02/19/il-ciclo-vizioso-dei-rifiuti-campani/), il ruolo del geologo Franco Ortolani che ha posto l'attenzione sui territori campani attualmente inadatti a discariche ma abusivamente sfruttate, la figura del medico oncologo Giuseppe Comella che mostra le conseguenze sulla salute umana, la visione europea offerta dall'avvocato per il Comitato di Acerra, Tommaso Esposito.
Quella dei rifiuti è una problematica sicuramente molto complessa, ma che si è trasformata, negli anni, in una terribbile guerra silenziosa. Le immagini più reali di quelle che stanno mostrando da qualche mese a questa parte televisione o giornali, sono presenti nel film documentario Biutiful Cauntri. Una realtà che fa paura. Un mondo che appare dimenticato. Una terra che nasconde affari. Attualmente in Campania sono presenti 4866 discariche abusive che contaminano le nostre terre, che inquinano le nostre acque, che uccidono i nostri animali, che lentamente ci stanno uccidendo.

giovedì 1 maggio 2008

lavORO

Oggi, nel Giorno del Lavoro, mi viene in mente Marx. Nel 1861 scriveva:"il lavoro è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo, per mezzo della propria azione, media, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, per appropriarsi dei materiali della natura in forma usabile per la propria vita.". Ripenso al contributo che egli ha dato sul significato di questo concetto che in tanti oggi storpiano, semplificano, trasformano, ne fanno strumento elettorale. Oggi, questa parola, LAVORO, sembra divenuta urgente e temuta insieme. Perchè non è possibile morire per il lavoro:"Il lavoro non è una condanna per l’uomo, ma il lavoro è l’uomo stesso nel suo modo specifico di farsi uomo. Il lavoro è l’unica manifestazione della libertà umana, ovvero della capacità di formare la propria esistenza specifica."

lunedì 28 aprile 2008

rESISTEnza

"Il 25 aprile si terrà il V2 Day sulla libera informazione in un libero Stato. Il cittadino informato può decidere, il cittadino disinformato "crede" di decidere. Disinformare è il miglior modo per dare ordini. Si raccoglieranno le firme per tre referendum: l'abolizione dell'ordine dei giornalisti di Mussolini, presente solo in Italia, la cancellazione dei contributi pubblici all'editoria, che la rende dipendente dalla politica, e l'eliminazione del Testo Unico Gasparri sulla radiotelevisione, per un'informazione libera dal duopolio partiti-Mediaset." Beppe Grillo


Nel giorno della Resistenza, il secondo appuntamento del V Day, quest'anno, in tutte le grandi piazze d'Italia, si raccoglieranno le firme per la libertà d'informazione, per uscire dal profondo baratro della disinformazione. Tanti i giovani (come me) presenti in Piazza Verdi a Bologna per seguire in diretta da Torino l'incontro con Beppe Grillo. Si è firmato per Abolizione dei finanziamenti pubblici all'editoria, Abolizione dell'ordine dei giornalisti, Abolizione della legge Gasparri. Il finanziamento pubblico ai giornali costa al cittadino italiano quasi un miliardo di euro all'anno. L'editoria, può quindi, a pieno titolo essere definita editoria di Stato. Ci sono buoni e anche ottimi giornalisti, quelli che scrivono rischiando la pelle, quelli emarginati, quelli sotto pagati. Il 25 aprile non è contro di loro, ma contro l'ingerenza della politica nell'informazione. Il lettore non conta nulla per l'editore di un giornale, contano di più i finanziamenti pubblici (partiti), la pubblicità (Confindustria, ABI, Confcommercio) e i gadget (dvd, fumetti, eccetera). Beppe Lopez ha scritto un libro: "La Casta dei giornali", un viaggio nella disinformazione.
Mussolini creò nel 1925, unico al mondo, un albo nel quale si dovevano iscrivere i giornalisti. L'albo era controllato dal Governo e messo sotto la tutela del ministro della Giustizia, il Mastella dell'epoca. Nel 1963 l'albo divenne, con una nuova legge, ordine professionale dei giornalisti con regole, pensione, organismi di controllo, requisiti di ammissione. Una corporazione con dei saldi principi. Infatti nella legge 69/1963 è scritto che: "è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d'informazione e di critica, mentre è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede". Einaudi scrisse: "L'albo obbligatorio è immorale, perché tende a porre un limite a quel che limiti non ha e non deve avere, alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell'albo obbligatorio sarebbe un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti". Berlinguer aggiunse: "Io sono contrario al requisito di qualsiasi titolo di studio per la professione di giornalista, perché considero questo come una discriminazione assurda, una discriminazione di classe, contraria alla libertà di stampa e alla libera espressione delle proprie opinioni". L'informazione è libera e l'ordine dei giornalisti limita la libertà di informazione. Chiunque deve poter scrivere senza vincoli se non quelli previsti dalla legge. I giornalisti liberi straccino la tessera, non ne hanno bisogno, il loro unico punto di riferimento è il lettore. La Corte europea di giustizia ha condannato il regime italiano di assegnazione delle frequenze radiotelevisive. La Corte ha dato ragione a Europa 7, le cui frequenze sono occupate dalla rete di propaganda di Arcore, detta anche Rete 4. La Corte ha evidenziato che il regime di assegnazione delle frequenze nel nostro Paese:- non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi- non ha criteri di selezione obiettivi – trasparenti – non discriminatori – proporzionati (poi ha finito gli aggettivi). La sentenza europea segue quelle a favore di Europa 7 della Corte costituzionale, del Consiglio di Stato e dell’Avvocato generale della Corte di Giustizia europea del 12 settembre 2007 (che ha bocciato la legge Gasparri). Le frequenze radiotelevisive sono in concessione, significa che sono di proprietà dello Stato, che può decidere, liberamente, a chi assegnarle. Le frequenze sono quindi dei cittadini, di nostra proprietà. Le leggi che hanno regolamentato il sistema radiotelevisivo, dalla Mammì alla Gasparri, hanno creato un mostro: il Testo Unico. Cambiarlo solo in parte è inutile, va eliminato per poter definire, da zero, nuove regole che garantiscano una vera informazione.

sabato 19 aprile 2008

Lentamente muore

Ha vinto l'Italia di Berlusconi.
Ha vinto l'Italia delle promesse mantenute a parole, ma mai nei fatti.
Ha vinto l'Italia del bonus bebè, del bonus famiglia, del bonus auto, ma non quella che è orgogliosa di pagare le tasse.
Ha vinto l 'Italia di Dell'Utri, di Previti, di Mangano, di Cuffaro, degli eroi del mondo d'oggi, ma non di quello partigiano di ieri.
Ha vinto l'Italia del revisionismo, del fascismo reintegrato.
Ha vinto l'Italia conservatrice, quella che crede che la diversità sia un difetto.
Ha vinto l'Italia che carica il fucile di Bossi.
Ha vinto l'Italia che non paga le tasse, che odia Prodi perché le ha tolto dei soldi, nonostante abbia risanato il debito pubblico.
Ha vinto l'Italia che si lascia abbindolare dai sogni e dalle illusioni di un settantenne.
Ha vinto l'Italia degli ignoranti, di quelli che ascoltano gli amici per votare.
Ha vinto l'Italia delle false femministe, quelle che votano destra perché hanno paura degli sconosciuti.
Ha vinto l'Italia che ha paura dell'altro.
Ha vinto l'Italia che non sa voltare pagina, che guarda sempre indietro, che non vuole rischiare.
Ha vinto l'Italia dei 100, nei quali io non mi riconosco più.
Ha vinto l'Italia degli ipocriti cristiani, quelli che difendono la famiglia, e scappano con la prostituta alla prima occasione.
Ha vinto l'Italia dell'illegalità, della mafia, quella che siederà in parlamento.
Ha vinto l'Italia del poliziotto di quartiere, che ha paura di uscire.
Ha vinto l'Italia degli interessi di parte, del partito che difende il popolo e la patria stuprando le altre culture.
Ha vinto l'Italia di quelli che non si mettono in gioco, che non aprono la propria mente, e che vedono solo bianco o nero.
Ha vinto l'Italia che ha ucciso Enzo Biagi.
Ha vinto l'Italia delle dittature, quella che non tollera la verità in televisione, quella che odia essere attaccata nelle proprie debolezze.
Ha vinto l'Italia della Chiesa, di Ruini, di Bagnasco, che straccia ogni cosa che guarda al futuro.
Ha vinto l'Italia che odia le intercettazioni, quelle che fan male, che mettono a nudo le nefandezze dei criminali.
Ha vinto l'Italia che crede che la magistratura sia rossa, che Berlusconi sia innocente.
Ha vinto l'Italia che considera Berlusconi un politico come tutti gli altri.
Ha vinto l'Italia che ha perso il senso civico e democratico.

Lentamente muore l'Italia, gli italiani che non sanno più guardare dentro loro stessi. Lentamente muore chi vota tanto per votare, chi non fa domande su chi li rappresenta, chi crede che la forza risolvi tutto, chi ha paura di rivoluzionare la società. Lentamente muore chi rifiuta il dialogo, chi manda a casa a colpi di fucile l'albanese di turno. Lentamente muore chi non ragiona con la propria testa.

Avrà pur vinto l'Italia, ma oggi mi vergogno di appartenere a questo paese.

lunedì 14 aprile 2008

Pressione fiscale?!

Si parla tanto di Pressione Fiscale, ma cos’è?
E’ semplicemente la proporzione di tutte le entrate che il governo incassa dalle tasse rispetto alla ricchezza prodotta nel nostro paese (PIL).
Vediamo che la pressione fiscale con i governi di centrosinistra e’ stata piu’ alta che con i governi di centrodestra: Governo centrosinistra circa 43%, Governo centrodestra circa 41%.
Ma, Piu’ Pressione Fiscale = Piu’ Tasse? Non Sempre!
Infatti la pressione fiscale aumenta sia quando un governo fa pagare piu’ tasse, sia quando le tasse le pagano piu’ persone!!
Cioe’ la pressione fiscale aumenta quando chi prima non pagava (evadendo) ora inizia a farlo!
Se NON INCLUDIAMO le entrate “extra” che vengono dalla lotta all’evasione e dal trasferimento del TFR (che prima del 2007 non c’era), quanto sarebbe stata la misura della pressione fiscale? Vediamo che la misura della pressione fiscale sarebbe stata piu’ bassa. Ci sarebbe stato comunque un aumento, ma sarebbe stato meno marcato. Quindi l’aumento di pressione fiscale che vediamo in questi due anni, e’ perche’ il governo ha aumentato le tasse o perche’ ha fatto pagare chi prima non pagava? In soli due anni sono stati recuperati circa 23mld di euro!! Quante cose si possono fare con questi soldi? Tante! E’ una somma piu’ grande della manovra finanziaria che ogni anno il governo mette in atto!
Prendiamo ad esempio il 2006 e il 2007. Tutti sanno che il governo di centrosinistra ha esplicitamente condotto una campagna di lotta all’evasione fiscale. Similmente, l’aumento della pressione fiscale 2002/2003 e’ dovuto alla serie di condoni fiscali messi in atto dal governo di centrodestra. L’approccio pero’ è molto diverso. In questo modo legalizzando l’evasione fiscale la si incentiva. Combattere l’evasione fiscale non solo e’ giusto eticamente, ma e’ anche fondamentale economicamente perche’ e’ l’unico modo per poter ridurre stabilmente le tasse in futuro. Se tutti pagano, possiamo pagare meno tutti.

venerdì 11 aprile 2008

I giovani parlano alla politica

Per la prima volta ad Avellino, un partito ha deciso di ascoltare la voce dei giovani...giovanissimi, alla loro prima esperienza di voto, studenti delusi e appassionati, occhi attenti e voci ininterrotte. Un'atmosfera nuova, quasi surreale e reale insieme. Un'esperienza viva di ascolto e di confronto. Vivere un momento come questo aiuta a guardare la politica in modo diverso, alternativo, capace di mettere da parte gli errori commessi fin'ora e sperare in una classe politica più attenta, più trasparente e, forse anche più pulita. L'incontro ha trovato il suo punto di partenza e di discussione, nell'interessante e ironico testo di Giorgio Gaber, "Qualcuno era comunista":
Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.
Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà. ... la mamma no.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto una educazione troppo cattolica.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche... lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima… prima…prima… era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano, ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.
Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.
Qualcuno era comunista perché la borghesia, il proletariato, la lotta di classe...
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.
Qualcuno era comunista perché guardava solo RAI TRE.
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto.
Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.
Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il materialismo dialettico per il Vangelo secondo Lenin.
Qualcuno era comunista perché era convinto di avere dietro di sé la classe operaia.
Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.
Qualcuno era comunista perché c’era il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio.
Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggior partito socialista d’Europa.
Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi, solo in Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant’anni di governi democristiani incapaci e mafiosi.
Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera...
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos’altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno; era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come... più di sé stesso. Era come... due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare... come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana
e dall’altra il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.