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sabato 26 luglio 2008

Se la politica è cieca e sorda...

...noi usiamo i nostri occhi e le nostre orecchie!


Tra pochi giorni si apriranno a Pechino le Olimpiadi: il più grande evento sportivo planetario che riunirà atleti di tutti i paesi e catalizzerà l’attenzione di centinaia di milioni di persone di tutto il mondo. Per alcuni sarà un grande evento sportivo. Per altri sarà un grande affare. Per l’umanità è un grande momento di unità, una grande occasione d’incontro e di dialogo nel nome antico della pace e della Tregua Olimpica. Purtroppo, dopo roboanti dichiarazioni sui diritti umani e sul Tibet, con grande ipocrisia e cinismo, i governi e le imprese tacciono in nome delle proprie convenienze. Per questo motivo, Tavola della pace, c'invita ad appendere alla nostra finestra la bandiera dei diritti umani affinchè l'ipocrisia, il cinismo e l'indifferenza, non abbiano il sopravvento. Alziamo la voce contro tutte le guerre e le violazioni dei diritti umani. Sosteniamo tutti i bambini e le bambine, le donne, gli uomini e i popoli che ancora oggi sono privati dei loro fondamentali diritti. Sosteniamo la lotta nonviolenta del popolo tibetano. Sosteniamo i difensori dei diritti umani che, in Cina e in tante altre parti del mondo, vengono perseguitati a causa del loro impegno civile. Chiediamo alla Rai e a tutto il mondo dell’informazione di dare voce ai diritti umani e a chi lavora per la loro realizzazione. Chiediamo al governo di rispettare, promuovere e difendere i diritti umani a casa nostra e nel resto del mondo. Costruiamo un mondo migliore, più giusto e solidale.

La bandiera si può richiedere alla Tavola della pace: email mailto:mpace@krenet.it - http://www.perlapace.it/ - Fax 075/5739337 - Tel. 075/5736890. Appendi alla tua finestra la bandiera dei diritti umani. Scatta una foto e inviala all’indirizzo: redazione@perlapace.it

giovedì 24 luglio 2008

Borsellino,scusaci!

Alla commemorazione del sedicesimo anno dalla morte di Paolo Borsellino, in via d'amelio, in prima fila a ricordarlo, c'era proprio lui, il presidente del Senato Schifani. Colui che trent’anni prima di sedere sul più alto scranno del Parlamento, sedeva nella Sicula Brokers, una società di brokeraggio fondata con Cosa Nostra. I soci erano cinque: oltre a Schifani, l’avvocato Nino Mandalà (futuro boss di Villabate, fedelissimo di Provenzano); Benny D’Agostino (costruttore amico del boss Michele Greco, re degli appalti mafiosi, poi condannato per concorso esterno); Giuseppe Lombardo (amministratore delle società dei cugini Nino e Ignazio Salvo, esattori mafiosi e andreottiani di Salemi arrestati da Falcone e Borsellino nel 1984). Completa il quadro Enrico La Loggia, futuro ministro forzista. Nei primi anni 80, Schifani e La Loggia sono ospiti d’onore al matrimonio del boss Mandalà. All’epoca, sono tutti e tre nella Dc. Poi, nel 1994, Mandalà fonda uno dei primi club azzurri a Palermo, seguito a ruota da Schifani e La Loggia. Il boss, a Villabate, fa il bello e il cattivo tempo. Il sindaco Giuseppe Navetta è suo parente: infatti, su richiesta di La Loggia, Schifani diventa “consulente urbanistico” del Comune perché - dirà La Loggia ai pm antimafia - aveva “perso molto tempo” col partito e aveva “avuto dei mancati guadagni”. Il pentito Francesco Campanella, braccio destro di Mandalà e Provenzano, all’epoca presidente del consiglio comunale di Villabate in quota Udeur, aggiunge: “Le 4 varianti al piano regolatore furono tutte concordate con Schifani”. Poi si fece il piano regolatore generale…un grande affare per la famiglia mafiosa di Villabate. Mandalà organizzò tutto in prima persona. Mi disse che aveva fatto una riunione con Schifani e La Loggia e aveva trovato un accordo: i due segnalavano il progettista del Prg, incassando anche una parcella di un certo rilievo. L’accordo che Mandalà aveva definito coi suoi amici Schifani e La Loggia era di manipolare il Prg, affinché tutte le sue istanze - variare i terreni dove c’erano gli affari in corso e penalizzare quelli della famiglia mafiosa avversaria - fossero prese in considerazione dal progettista e da Schifani. Il che avvenne: cominciò la stesura del Prg e io partecipai a tutte le riunioni con Schifani” e “a quelle della famiglia mafiosa, in cui Schifani non c’era”.
Oggi, dopo gli accordi sottobanco con Mandalà (dimosrati da intercettazioni) e la scomparsa del comune per infiltrazioni mafiose, Schifani, dal 1996 in Senato, parla d dialogo e di antimafia.
E proprio oggi, dopo 16 anni dalla tua morte, mi sento di chiederti scusa!

lunedì 7 luglio 2008

Ecco le nostre impronte


Domenica 6 luglio 2008, nella villa comunale di avellino, abbiamo avuto la possibilità di riflettere sulla proposta del ministro Maroni di prendere le impronte digitali ai bambini rom. Il censimento di una minoranza etnica in nome della sicurezza è un alibi per allontanare, discriminare e mettere in atto una politica di repressione. La storia ci ha insegnato che censire una minoranza è il miglior modo per condurla alla ghettizzazione, selezione ed infine allo sterminio. E' piuttosto semplice colpire le fasce deboli della società accusandole della creazione di un clima generale di paura piuttosto che partire dalla definizione di sicurezza come accoglienza, scuola, sanità, lavoro sicuro, strade pulite, diritti per tutti. Le impronte dei bambini rom sono il risultato di una fabbrica della paura che vede coinvolti tutti: istituzioni, partiti, informazione manipolata e i silenzi che cadono del compromesso.


Dopo l'ordinanza del comune di firenze contro i lavavetri e gli accattoni, gli sgomberi dei campi rom a roma e milano, il divieto di accattonaggio ad assisi, i campi rom in fiamme a napoli, la formazione di ronde cittadine e la tolleranza zero, l'introduzione del reato di clandestinità, la militarizzazione nelle nostre città...abbiamo deciso di dire no al razzismo. Durante la mattinata, un gruppo di amici dei rom e dei sinti, hanno raccolto le impronte digitali di chi ha partecipato al sit in: "siamo tutti rom" perchè siamo tutti "cittadini del mondo".

sabato 5 luglio 2008

Legge vergogna


Il Consiglio dei Ministri ha approvato all'unanimità il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche. Il provvedimento vieta le intercettazioni per reati, le cui pene sono inferiori a 10 anni. È inoltre prevista una deroga per i reati contro la pubblica amministrazione e le intercettazioni da parte della magistratura non potranno durare più di 3 mesi e dovranno essere decise da un tribunale, non da un singolo soggetto. Infine nel ddl sono previste pene fino a 5 anni per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni.
Una giustizia fai da te: dopo rogatorie, falso in bilancio e legittimo sospetto, arrivano il patteggiamento allargato, l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e le immunità parlamentari. Una norma fatta su misura per alcuni personaggi: Marcello Dell’Utri, Cesare Previti e soprattutto Silvio Berlusconi.
Le leggi su misura, come sappiamo, non sono una novità: negli ultimi mesi rogatorie, falso in bilancio, legittimo sospetto ci hanno aperto un mondo. Ma erano sempre presentate come leggi buone e giuste per tutti, che poi casualmente risolvevano anche qualche problemino a un pugno di imputati eccellenti.
Che cosa prevede, infatti, la norma già approvata dalla Camera sull’immunità parlamentare? Il Parlamento dovrà votare se concedere o no l’autorizzazione all’uso, nei processi, di intercettazioni e tabulati raccolti in precedenza e che convolgono, indirettamente, un deputato o un senatore (indirettamente: perché nei confronti di parlamentari le intercettazioni dirette sono vietate). Se il Parlamento dirà no, la documentazione dovrà essere distrutta, salvando così anche l’eventuale mafioso (regolarmente intercettato) che sia stato sorpreso a parlare con un parlamentare. Ma non occorrerà neppure il voto negativo dell’Assemblea parlamentare: basterà tirare in lungo, non votare la richiesta dei magistrati, poiché le nuove norme non prevedono termini di tempo.
Tutto perchè al potere non piace che la gente sappia troppo. Allora è meglio che la gente non sappia nulla, che rimanga disinformata, che conosca i fatti raccontati da editori e testate giornalistiche compiacenti, asservite al potere politico. Cosa accadrà, allora, all'informazione? Semplicemente scomparirà. Come è accaduto e accade nei regimi militari. Ecco che ancora una volta il Cavaliere salva capra e cavoli, come si suol dire.
Il più grande cliché nella politica è che le nazioni ottengono i leader che meritano. Ma certamente l’Italia e l’Europa meritano qualcosa di meglio di Silvio Berlusconi e dei suoi scagnozzi.